Prodigo

prò-di-go

Significato Che dona o spende senza misura; spendaccione

Etimologia dal latino: prodigus, da prodigere, composto da pro- avanti e agere muovere.

È una parola bella ed elegante, che non capita spesso di sentire. Ha un evidente connotato (se non spregiativo) critico verso una generosità o una larghezza di spese che è valutata come eccessiva, scriteriata. Ciononostante, sembra che quando non si tratti di denaro, il prodigo recuperi un’aura tutta positiva.

L’immagine etimologica è semplice: un mandare avanti che ricorda la dilapidazione, lo sperpero, come se il prodigo gettasse monete avanti a sé, a destra e a manca. Quindi si parlerà con sprezzo del ricco ventenne sfaccendato che la sera si mostra sempre prodigo nell’offrir da bere agli altri; si parlerà del classico ospite tanto prodigo coi beni che gli sono messi a disposizione da chi lo accoglie quanto di solito è parco coi propri; con un eufemismo si parlerà di un erede scialacquatore come di un tipo assai prodigo. Mentre, come abbiamo già rilevato, è con ammirazione e plauso che si parlerà di chi si prodiga da una vita in associazioni di volontariato, di chi è prodigo di buone parole, di chi è prodigo di cure verso chi ne ha bisogno.

Queste considerazioni aprono una finestra sull’idea che si è avuta e si ha, nella nostra cultura, del dare senza misura: il denaro è un mezzo scarso fondamentale per la vita - e se non si dà via con leggerezza il pane della famiglia, anche la generosità deve trovare qui un limite. Limite che però non è percepito in quell’immensità di risorse personali che si possono mettere a disposizione degli altri. Quindi niente scuse.

Concludiamo annotando che parlando di “figliol prodigo” - personaggio di una celebre parabola evangelica in cui il figlio dissipa l’eredità del padre in dissolutezze e, tornando a casa, viene comunque accolto con grandi feste - si indica chi, dopo un periodo di traviamento, torna sulla retta via.

Parola pubblicata il 14 Luglio 2013