Sciamano

scia-mà-no

Significato Individuo che, secondo alcuni sistemi di credenze arcaici, fa da mediatore fra il mondo umano e quello spirituale, dotato di poteri taumaturgici e divinatori

Etimologia attraverso l’inglese shaman, e il russo šaman, da šamān, termine tunguso, che a sua volta finisce per risalire al sanscrito śramana ‘monaco’.

È in un momento particolare che la civiltà europea scopre il nome dello sciamano, in un crepuscolo settecentesco in cui da un lato si ha l’assestamento di tutti gli irrigidimenti religiosi di Riforma luterana e Controriforma cattolica, dall’altro albeggiano i lumi dell’Illuminismo. Non certo il contesto in cui la nostra cultura è stata più aperta a spiritualità alternative — forse il momento meno new age della storia occidentale.

Questo è il primo punto curioso: per noi quella dello sciamano è una figura dai tratti arcaici ma generale, con una diffusione globale, estesa tanto nel tempo — dalle albe ancestrali della spiritualità fino a oggi — quanto nello spazio — dagli sciamani dei popoli nativi nordamericani a quelli aborigeni, a quelli asiatici, perfino a quelli africani. Si tratta di una sfocatura, che mette insieme realtà differenti, e infatti in realtà questo nome ci vorrebbe rendere una collocazione originaria piuttosto precisa, non fra le più note ma fra le più importanti, e rimaste più incontaminate: quella dello sciamanesimo siberiano.

Il giro che ha portato alla nascita del termine ‘sciamano’ è dei più lunghi che ci sia capitato di incontrare, particolarmente curioso per i passaggi fra lingue di famiglie diverse in tempi remoti. Ci arriva dall’inglese shaman o dal tedesco Schamane, i quali l’hanno mutuato dal russo šaman; è geograficamente naturale che sia la lingua russa ad averci trasmesso il nome di questo individuo taumaturgo in contatto col mondo degli spiriti che si incontrava (e si incontra ancora) nelle steppe dell’Asia centrale. In particolare šamān è un termine tunguso (le lingue tunguse sono parlate grossomodo fra Manciuria, Kamchatka e Siberia) appartenente alla discussa famiglia delle lingue altaiche (dal nome dei monti Altaj, che si estendono fra Russia, Cina, Mongolia e Kazakistan). E se la figura sciamanica eponima di questo tipo antropologico è quella di queste culture, il suo nome arriva da più lontano: forse attraverso un passaggio cinese, arriva dal pracrito (cioè da lingue medio indiane) samana, e ha come punto d’origine il sanscrito śramana ‘monaco’. Un ferro di cavallo eurasiatico come non se ne vedono spesso.

Ma chi sono sciamani e sciamane? Fermo restando che ogni cultura ha il proprio nome per questo genere di figura, e che ha sempre caratteri differenti in quanto a poteri, tabù e riferimenti sovrannaturali, si tratta di una persona che, specie in organizzazioni sociali semplici, si crede abbia poteri taumaturgici, divinatori, e che sia in contatto col mondo invisibile degli spiriti. La sua figura per noi è esotica, ci porta inevitabilmente a esperienze distanti dalla nostra quotidianità, ai limiti del mondo.

Però, fuori di viaggi di scoperta e studi antropologici, si presta anche a usi figurati. Non ci rende un profilo sacerdotale troppo istituzionalizzato — lo sciamanesimo non ha clero — e si tiene discosto dall’astrattezza soffusa dei poteri del mago; in analogia spiccano il suo misterioso contatto con la natura, la sua familiarità col mondo ultraterreno, l’artigianalità del suo rito — il profilo ancestrale. Così possiamo parlare della vicina di casa che quando ci vede giù ci porta i suoi decotti da sciamana che scacciano stitichezza e malocchio, delle previsioni superiori fornite dallo sciamano dell’economia, dei discorsi da sciamano che lo zio inizia a fare sulla vita e sui morti, punteggiati da brindisi, alla fine della seconda bottiglia.

Sarà una sfocatura, ma è la sfocatura di un tipo importante, nel nostro immaginario.

Parola pubblicata il 11 Febbraio 2022