Ariostesco

a-rio-sté-sco

Significato Caratteristico di Ludovico Ariosto o dei suoi poemi; che, per fantasia, ricorda l‘“Orlando furioso”

Etimologia dal cognome del poeta e diplomatico Ludovico Ariosto (1474 – 1533).

  • «Alla stampa ha reso un racconto ariostesco.»

L’amico, per giustificare i suoi ritardi, dispiega puntualmente una fantasia ariostesca; la serie televisiva ha una quantità ariostesca di personaggi; il rientro a casa ha riservato delle sorprese ariostesche.
Questa qualità ci comunica un attributo complesso e articolato ma ricorrente, nelle trame del mondo: perciò può tornarci particolarmente utile. E lo fa con un magnifico riferimento a uno degli autori più mirabolanti della nostra letteratura — Ludovico Ariosto — adombrando la sua opera maggiore e più caratteristica, l’Orlando furioso. E però è un riferimento che per essere capito è da esplorare un po’.

Questo è un poema monumentale, composto da 38.736 versi endecasillabi divisi in ottave, che seguono lo schema classico di rima ABABABCC — a volte detto ‘ariostesco’, per eccellenza. Racconta una storia con una trama di una complessità non riassumibile in poche parole, se non con una cornice vaga appena più estesa del solo titolo: Orlando perde il senno per amore, mentre cristiani e saraceni si fanno guerra.

Ci sono centinaia e centinaia di personaggi tradizionali e inventati, e succede di tutto, in un avvicendarsi di giardini incantati, magie, illusioni, labirinti, foreste, viaggi inferni e celesti, combattimenti, assedi, apparizioni, fughe, perdite, ritrovamenti, sodalizi e inimicizie, montari in amore e in odio.
Ma ecco, un dato rilevante è che importa poco il preciso che cosa succede. È un poema giroscopico, che si sviluppa e si regge nella ridda di un dinamismo che non è troppo interessato a svolgere una cronaca, ma procede intricando e districando situazioni dense di significato e sentimento e ironia, che sono il vertice delle fantasie cavalleresche. Quindi, che cosa si condensa nell’aggettivo ‘ariostesco’?

È ciò che ha i caratteri dell'Orlando furioso. L’ariostesco può essere denso di avventure stravaganti e situazioni sorprendenti — ma attenzione. Non sono stravaganze e sorprese frutto di una fantasia erratica, fantasmagorica, senza controllo. Quella dell’ariostesco (o ‘ariosteo’ se ci sentiamo un po’ sciscì) è una fantasia che, pur sferrata al massimo della sua potenza e agilità, agisce razionalmente, con una grammatica di significati, e cerca la coerenza in cui il fantastico — fatato, prodigioso, epico — si intreccia con il reale.

Chi va lontan da la sua patria, vede
cose, da quel che giá credea, lontane;
che narrandole poi, non se gli crede,
e stimato bugiardo ne rimane:
che ’l sciocco vulgo non gli vuol dar fede,
se non le vede e tocca chiare e piane.
Per questo io so che l’inesperïenza
fará al mio canto dar poca credenza.

Orlando furioso, Canto VII, vv. 1-8

Questo cortese rigore nel gioco della narrazione si colloca in un orizzonte creativo a dir poco vasto, che si impegna nella creazione di un intero, fascinoso mondo per «Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, / le cortesie, l’audaci imprese...». Insomma, l’ariostesco ha anche un tratto volumetrico, rileva per estensione, per mole, per quantità di fantasia.

Così, se racconto di come il pettegolezzo abbia preso una piega ariostesca, se parlo della sequela ariostesca di disegni che la bambina ha prodotto in un pomeriggio di pioggia, se sento del viaggio ariostesco che l’amica ha fatto nel sud-est asiatico, ecco stagliarsi una fantasia stravagante, reale o quasi, e sterminata.
Un concetto davvero ricco — in un termine troppo speciale per avere sinonimi.

Parola pubblicata il 28 Marzo 2024