Abbinamento
ab-bi-na-mén-to
Significato Atto dell’accostare in modo armonico due cose; accoppiamento di squadre o atleti che devono sfidarsi, o di squadre, atleti e simili con marchi di sponsor
Etimologia da bino ‘doppio’, dal latino binus, singolare di bini ‘a due a due’.
Parola pubblicata il 13 Dicembre 2024
Le parole del vino - in collaborazione con la tenuta vinicola Santa Margherita
Alla scoperta di radici ancestrali, significati sorprendenti e accezioni à la page, stappiamo le parole del vino che ci arrivano da ogni parte. Questo ciclo è sostenuto dalla tenuta vinicola Santa Margherita.
Il trino, col suo significato di ‘triplice’, è riuscito a conservarsi in uso — anche in virtù del suo uso teologico, nella considerazione dogmatica e proverbiale di un Dio uno e trino. Invece il bino è stato più sfortunato, ma che sia una zuppa analoga s’intende bene.
Il latino singolare binus era ricavato dall’aggettivo bini, solo plurale, che indicava l’attributo di ‘a due a due’; di qui il bino, che vuol dire ‘doppio, gemello’, da cui invece il fortunatissimo ‘abbinare’, col conseguente ‘abbinamento’. E come già possiamo immaginare, il fatto di nascere da un termine desueto può rappresentare un’opportunità espressiva rilevante.
L’abbinare ha un tono razionale. C’è un’organizzazione che viene compiuta associando due elementi — dal mondo della tecnica a quello dello sport, dal mondo dell’estetica a quello del commercio. L’unire, a petto suo, risulta tremendamente generico (anche in positivo, naturalmente, è più versatile): spesso adombra la costituzione, da due parti, di un uno. Non è un mero accostamento. L’accoppiare evoca in maniera evidente la costituzione di una coppia, in maniera scontornata ma con un certo grado di stabilità, mentre l’abbinamento ha spesso l’aria di un tratto che congiunge e coinvolge due elementi in modo più marcatamente occasionale. Però la loro relazione risulta più funzionale, diretta e operativa rispetto al congiungere, che è più arioso nel suo tratto di ‘mettere insieme’. Figuriamoci l’appaiare, con quel ‘paio’ che suona così plebeo.
Queste differenze risultano ancora più chiare se vediamo in che modo l’abbinamento popola le nostre vite. Facciamo l’abbinamento fra dispositivi in modo che possano collegarsi fra loro quando ci serve; seguiamo l’estrazione che decide gli abbinamenti fra atleti o squadre nelle sfide del torneo di arti marziali o di calcio; ragioniamo del nuovo abbinamento di uno sponsor che aggiunge il suo nome a una stazione, a un teatro, a una squadra. Ci interroghiamo sul giusto abbinamento fra scarpe e giacca, o fra diversi accessori — e naturalmente abbiniamo cibi e bevande, in particolare vini.
Questo è un ambito in cui l’abbinamento, con le sue specificità, risulta particolarmente esemplare ed eloquente — oltre ad essere un’epitome di performance, estetica e commercio: ha la durata di una parte di pasto, si articola in proposte, ha una dimensione estetica ponderata analiticamente perché unisce in maniera ragionata due sensazioni complesse, e trova spazio per solito e insolito. È un regno di accostamenti, di concordanze e contrasti che equilibrano e che esaltano profumi e sapori, in cui una parte non deve sovrastare l’altra — e quindi lo strutturato accompagna il ricco, il semplice accompagna il leggero, ma il grasso si stempera nel fresco, il sapido nel morbido, il succulento nel tannico.
Qui la creatività si disciplina nella regola, e non diventa mai volatile — anzi. In particolare in un contesto culinario complesso come quello italiano, possiamo apprezzare come certi abbinamenti siano codificati dalla tradizione; si ha perfino l’impressione che una certa cucina si sia sviluppata per abbinarsi al tipo di vino disponibile.
Una sequela di usi davvero vibranti e gagliardi, per questo esito del perduto bino.