Alcova
al-cò-va
Significato Parte della stanza occupata dal letto, spesso delimitata da una nicchia e nascosta da tendaggi; per estensione camera da letto e attività del talamo
Etimologia attraverso lo spagnolo alcoba, dall’arabo al-qubba, ‘stanza, cupola’.
Parola pubblicata il 14 Gennaio 2022
Parole semitiche - con Maria Costanza Boldrini
Parole arabe, parole ebraiche, giunte in italiano dalle vie del commercio, della convivenza e delle tradizioni religiose. Con Maria Costanza Boldrini, dottoressa in lingue, un venerdì su due esploreremo termini di ascendenza mediorientale, originari del ceppo semitico.
Una parola dal sapore desueto, ricercato, che con la sua eleganza sottende altri significati in modo garbato, mantenendo un riserbo che si accorda ai tendaggi che evoca. Come molti termini dell’italiano che iniziano per al-, alcova è di origine araba, giunta nello stivale nel Seicento attraverso lo spagnolo, lingua presso cui è attestata fin dal Duecento.
La parola araba che si cela dietro ai ricchi drappeggi dell’etimologia è al-qubba, da una radice semitica costruita dalle consonanti q–b–b e veicolante i significati di volta, cupola, ma anche del concetto di convesso. Questa architettonicità semantica è interessante: ci offre un piccolo spaccato degli elementi stilistici preponderanti nelle costruzioni arabo-musulmane antiche che ancora oggi possiamo ammirare, ad esempio, nella superlativa e splendente reggia dell’Alhambra a Granada, dove numerose sono le sale corredate da alcovette a cui si accede attraverso un passaggio ad arco ogivale, acuto. Non è difficile immaginarvi, stesi a terra, sui tappeti più pregiati, dei gonfi materassi riccamente decorati, su cui adagiare il corpo sfinito dalla calura andalusa.
In Europa, che fosse un semplice letto a baldacchino posizionato nell’angolo più intimo della stanza o una vera e propria nicchia separata da tendaggi preziosi, l’alcova ebbe un grande successo. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che riscaldare gli alloggi in pieno inverno nei tempi antichi non era cosa facile, e rintanarsi tra tre muriccioli discreti, avvolti da tende spesse e coperte pesanti, poteva essere uno stratagemma intelligente per conservare un po’ di calore durante la notte.
Oggi usare la parola ‘alcova’ per indicare il proprio letto o la propria camera ha un che di pretenzioso, a meno che il discorso non si sviluppi su di un registro ironico. Sono sfinita, vi saluto tutti e mi ritiro nella mia alcova, arrivederci! Non mi hai ancora mostrato quali tesori hai trovato dall’antiquario per rimodernare la tua alcova!
Ma l’alcova, si sa, non è solo il luogo fisico in cui ci si abbandonava all’abbraccio voluttuoso di Morfeo. Ben altri abbracci, e ben più voluttuosi, avevano luogo tra le coperte e le cortine dei baldacchini. Ecco allora che ‘alcova’ assume anche il significato di attività del talamo, del letto, e in questo caso quasi ci immaginiamo sorrisini incipriati, occhiate ammiccanti da dietro il ventaglio di madreperla, bisbigli e sospiri: fu così che scoprirono i piaceri dell’alcova, e tieni, ti ho comperato una raccolta di poesie dedicate ai sollazzi dell’alcova.
Insomma, quando l’erotico è già sentito, quando la lussuria è troppo peccaminosa, quando il pornografico è eccessivo, quando l’amoroso è inutilmente romantico, l’alcova è lì, pronta ad accogliere tra i suoi panneggi il nostro discorso con immagini colorate, discrete, eleganti e sontuose.