Avventura

av-ven-tù-ra

Significato Avvenimento straordinario, promettente e rischioso; relazione amorosa breve e senza impegno

Etimologia dall’antico francese aventure, dall’ipotetica forma del latino parlato adventura ‘ciò che deve accadere’, neutro plurale del participio futuro di advenìre ‘avvenire, sopraggiungere’.

Quando troviamo annotato che una parola è un prestito dell’antico francese, è assai probabile che sia stata portata in italiano da chi leggeva i romanzi dei trovieri. Già dalle prime battute del secondo millennio le lingue di Francia (d'oïl e d’oc, antico francese e provenzale) hanno esercitato un’influenza potente sulle lingue d’Italia specie in virtù delle loro meravigliose letterature: il carisma di altre altezze intellettuali sarebbe arrivato poi, e qui stiamo parlando in particolare di cantori come Chrétien de Troyes, di storie come quelle del ciclo arturiano. Non ci stupisce che la lingua italiana, giovinetta e in cerca di lingue appena un po’ più scafate da emulare, abbia tratto da qui il termine ‘avventura’.

In latino, adventura è un plurale, indicando ‘le cose accadranno’ — adventurus è il participio futuro del verbo advenire, padre del nostro ‘avvenire’, col significato di ‘accadere’. letteralmente ‘sopraggiungere’, pensiamolo pure come ‘venire a’. Naturalmente un concetto come ‘ciò che accadrà’ ha un profilo più che nebuloso: buona, cattiva sorte? Destino fausto o funesto? Ma l’avventura si è conservata splendidamente complessa.

Quello dell’avventura non è un futuro semplice, anzi è ricco di pericoli, come anche di opportunità (l’antico francese aventure manifesta esplicitamente entrambi questi significati, pericolo, opportunità). È esattamente ciò che ci aspettiamo da vicende di stampo arturiano, e forse proprio la dimensione smaccatamente letteraria della genesi dell’avventura ha contribuito a conservarne la complessità: non è sorte né buona né cattiva, è sorte faticosa, in salita, incerta, rischiosa e insieme promettente, orizzonte di conoscenza, ricchezza, realizzazione. È il quanto di forma narrativa che sta nelle traversie della vita, più o meno eccezionali: un viaggio a piedi in Oriente non è un’avventura in sé, lo è quando lo concepisci o lo riporti — e si concepisce e riporta come racconto. Anche l’avventura amorosa ha tutto il respiro dell’episodio; ma l’intuizione di una mente narrativa, nell’avventura, ha un’aura genetica: come potrebbe essere altrimenti ‘ciò che accadrà’?


La mano nella tasca del soprabito giocava con un gettone del telefono. L'indomani mattina, appena sbarcato a Roma Termini, sarebbe corso col gettone in mano verso il più vicino telefono pubblico, avrebbe fatto il numero, avrebbe detto: “Cara, sai, sono arrivato...” […] E si risentiva preso da quel ritmo naturale, come di mare o di vento, quell'impeto festoso e leggero; bastava cercarlo dentro di sé, chiudendo gli occhi, o stringendo in mano il gettone del telefono, e quell'impressione di squallore era sconfitta, c'era lui solo di fronte all'avventura del suo viaggio.

L’avventura di un viaggiatore, in Gli amori difficili

Tutti gli Amori difficili cominciano con la parola “avventura”, ma la cosa curiosa è che non sono affatto avventurosi. In realtà non succede nulla, se non lo svolgersi di vite ordinarie. Ma il punto è proprio questo: la vita stessa per Calvino è un’avventura, perché è un’attesa.

Siamo sempre alla ricerca di qualcosa che non conosciamo: come una ruota, o un vaso, la vita si sviluppa tutta attorno a un vuoto centrale. A un “taglio” che non cessa mai di far male. “Tutti abbiamo una ferita segreta per riscattare la quale combattiamo”, sentenzia già il primo romanzo di Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno.

Ed è proprio questo che mette in moto l’esistenza, perché – spiega giudiziosamente Qfwfq nelle Cosmicomiche – “uno stato di desiderio, per poco che ci si possa muovere, diventa subito un moto di desiderio”, e quindi “un desiderio di moto” (Priscilla). Tutti, insomma, viviamo L’avventura del viaggiatore. Ma verso dove ci muoviamo?

Una prima risposta può essere: verso il mondo. Quell’immenso territorio inesplorato che si è spinti a conquistare, sul quale si cerca in tutti i modi di lasciare la propria orma. C’è chi lo fa con l’azione, come gli irrequieti paladini del Cavaliere inesistente, e chi preferisce le armi della conoscenza, come il riflessivo Palomar.

Ma forse entrambe queste strade non sono che travestimenti dell’unica ricerca che conti: quella di un Tu. Per Calvino, infatti, ogni attesa è in un certo senso attesa dell’amore. Tutto ciò che si fa ha come motore segreto la ricerca di un rapporto vero, di una corrispondenza. “La guerra la combatti bene soltanto dove tra le punte delle lance intravedi una bocca di donna, e tutto, le ferite il polverone l’odore dei cavalli, non ha sapore che di quel sorriso” (Il cavaliere inesistente).

Specularmente, poi, ogni amore per Calvino è sempre attesa, sempre inseguimento: nel momento in cui si pensa di aver decifrato il mistero dell’altro, di poterlo possedere, l’amore muore. Per questo l’amore del viaggiatore non è mai così profondo, autentico e intenso quanto nel periodo dell’attesa, nel viaggio che lo sta portando verso l’amata.

D’altra parte il movimento non è solo nello spazio, ma anche nel tempo: ci si dirige verso quell’Io che adesso non siamo ancora, ma che un domani potremmo essere. La scoperta dell’Altro da sé è anche la scoperta dell’Altro in sé. Andando verso l’amata, il viaggiatore scopre se stesso. E in effetti diverse “avventure” degli Amori difficili consistono proprio nell’esplorazione di un io alternativo, nuovo e sorprendente.

Insomma, di qualunque cosa parlino, le pagine di Calvino difendono sempre il medesimo ideale, quello che lui stesso definisce “la memoria del futuro” (Le Odissee nell’Odissea). Si tratta di un atteggiamento di apertura curiosa e attiva nei confronti del nuovo, che non pretende di ingabbiare il futuro in schemi già collaudati, ma si lascia guidare dalla forza creatrice del desiderio. L’atteggiamento insomma di chi è sempre in esplorazione, quasi aspettasse “da un momento all'altro qualcosa: non il succedersi puntuale di cause ed effetti, ma l'inaspettato.” (L’origine degli uccelli, nelle Cosmicomiche).

Parola pubblicata il 14 Ottobre 2023

Italo Calvino, le parole - con Lucia Masetti

Il 15 ottobre 2023 si celebrano i cento anni dalla nascita di Italo Calvino, il più grande, profondo, ridente, immaginifico scrittore della nostra letteratura recente. Cerchiamo di abbracciarne la straordinaria opera dedicandogli un dizionario minimo.