Balena

ba-lè-na

Significato Qualsiasi mammifero di grandi dimensioni appartenente all’ordine dei cetacei, che è suddiviso in due sottordini: i Mysticeti, dotati di fanoni (le balene propriamente dette, le balenottere, le megattere) e gli Odontoceti, dotati di denti (i capodogli, le orche, i delfini)

Etimologia dal latino ballaena, a sua volta dal greco phallaina.

La balena classica è il Grande Gigante Gentile per eccellenza, mostruosamente enorme ma proprio per questo pacifico. Quando sei lungo come un palazzo di nove piani, cacciare qualcuno ti farebbe perdere più calorie di quelle che potresti ricavarne: meglio restarsene tranquillo a succhiare krill.

Esistono però anche cetacei cacciatori, come capodogli e orche, spesso unificati sotto la stessa etichetta delle innocue balene e balenottere. Era appunto un capodoglio la famigerata Moby Dick (al secolo Mocha Dick), che Melville trasformò nella personificazione del male; e il capodoglio è anche l’unica specie che potrebbe, teoricamente, ingoiare un essere umano vivo, anche se il poveretto non resterebbe tale per molto.

Le balene infatti hanno sì bocche enormi (quella della balenottera azzurra può contenere fino a 90 tonnellate d’acqua), ma gole piccolissime; per cui, se un uomo fosse risucchiato per errore, verrebbe per forza risputato. Non per nulla, se guardiamo ai testi originali, sia la balena di Giona sia quella di Pinocchio non erano balene affatto, bensì rispettivamente un “grosso pesce” e un “pescecane”.

Perché le balene siano così enormi, comunque, è tutt’oggi poco chiaro. Si suppone che l’evoluzione abbia privilegiato gli esemplari più grossi perché meno vulnerabili ai predatori; ma il fatto che si sia arrivati alle attuali balene a partire dall’indoio, ossia una sorta di procione vissuto nel Cenozoico, è una meraviglia non facile da spiegare.

Anche le radici etimologiche custodiscono bizzarrie curiose. Anzitutto la balena è legata al baleno, ossia al lampo (da cui “arcobaleno” e “balenare”); tutti e due infatti appaiono all’improvviso generando stupore e timore, tanto da essere percepiti come manifestazioni della divinità.

Una sola origine accomuna anche balena e falena: è il greco phallaina, “mostro”, evidentemente perché ai nostri antenati apparivano misteriose e grottesche nello stesso modo. Perché poi il suono “ph” si sia trasformato in “b” è un mistero nel mistero: si suppone per influsso di una lingua sconosciuta, che in qualche momento ha cozzato col greco.

Ma andiamo ancora oltre: è probabile che phallaina venga a sua volta da phallos, fallo. Una mente maliziosa potrebbe attribuire tale parentela alle enormi proporzioni del pene dei cetacei, che arriva fino ai tre metri (per chi volesse verificare di persona, alcuni campioni sono conservati presso il Museo fallologico islandese).

Tra gli studiosi c’è chi la riconduce alla forma del corpo delle balene, mentre Nocentini ritiene che nell’immaginario antico balena e delfino simboleggiassero rispettivamente il principio maschile e femminile. Forse perché il fallo è associato, come la balena, all’idea di qualcosa che appare all’improvviso mostrando dimensioni inaspettate; per Nocentini infatti la loro radice prima è bhel, gonfiare.

Da qui trae origine la famiglia del verbo flare, che in italiano conta diversi membri insospettabili. Oltre ai prevedibili “gonfiare” e “fiato” troviamo infatti “palla” (in quanto sacco riempito d’aria) nonché “balla” (notizia gonfiata e quindi falsa) e “folle” (originariamente il nome di un sacco di cuoio, diventato poi metafora di una testa vuota).

Ma da bhel nasce anche una famiglia tutta diversa: quella di fluere, cui appartengono fluire, fiume e flutto. Se infatti l’acqua contenuta in un recipiente si “gonfia” finisce per traboccare e, dunque, per scorrere via. Insomma il flusso dell’acqua e il soffio dell’aria si congiungerebbero nella medesima immagine. Alla fin fine la parentela tra balena e falena non sembra più tanto assurda.

Parola pubblicata il 28 Marzo 2022

Parole bestiali - con Lucia e Andrea Masetti

Un lunedì su due, un viaggio nell'arcipelago dei nomi degli animali, in quello che significano per noi, nel modo in cui abitano la nostra vita e la nostra immaginazione.