Corale

co-rà-le

Significato Come sostantivo: composizione strofica omoritmica a uso della liturgia protestante; coro amatoriale. Come aggettivo: destinato o riferito al coro; concorde

Etimologia derivato da ‘coro’, a sua volta da chorus, prestito latino di origine greca: khorós, ‘danza corale’ e ‘canto corale’.

In italiano il sostantivo ha due accezioni: al femminile, ‘la corale’ indica una formazione amatoriale di cantori, di solito nutrita; al maschile, invece, ‘il corale’ si riferisce a una forma musicale destinata al culto riformato. Infatti, nel tardo XVI secolo in Germania s’iniziò a denominare con il termine choral il canto in tedesco per l’uso liturgico, mutuando il termine dal repertorio sacro cantato in latino.

S. Agostino fu il primo grande autore cristiano che, nel De musica, riconobbe il carattere spirituale del canto. In un famoso passaggio delle Confessioni ricorda addirittura che fu talmente rapito dall’ascolto di una salmodia in canto ambrosiano, da essere assalito dal rimorso per il piacere che aveva provato… altri tempi! Comunque, proprio un frate agostiniano, Martin Lutero, era profondamente convinto dell’importanza della musica, considerata un potente strumento di elevazione spirituale.

Il padre della Riforma scrisse sicuramente i testi dei primi corali e probabilmente anche alcune melodie, avvalendosi della collaborazione di amici compositori, il più assiduo dei quali fu Johann Walter, dalla cui penna scaturì questa splendida versione polifonica di Ein feste Burg ist unser Gott.

Il corale divenne elemento centrale della liturgia protestante, dove i fedeli uniti nel canto sacro partecipavano al rito lodando Dio.

Questa forma musicale non si sviluppò solo in Germania, ma anche in aree della Svizzera, della Francia, etc., dove ogni comunità lo adottò nella lingua locale.

È convenzionalmente composto per coro a quattro voci; la struttura è strofica, e quindi il testo cambia a ogni strofa, mentre la musica si ripete uguale. Inoltre, ha un andamento prevalentemente sillabico (a ogni sillaba corrisponde una nota) e omoritmico (le voci cantano simultaneamente con lo stesso ritmo).

I canti sacri, come il gregoriano, o anche le monodie profane, fornivano spesso materiale per la melodia dei corali. Infatti, per facilitare l’esecuzione da parte dei fedeli, era importante che la musica fosse semplice e possibilmente conosciuta; ovviamente, le melodie con un testo profano erano ‘travestite’ con parole tratte dalle sacre scritture. La melodia fu sempre più spesso affidata al superius, la parte più acuta e agevole da distinguere.

Anche ai giorni nostri, nella liturgia protestante, a volte le quattro parti sono suonate dall’organo, dall’armonium, o dal pianoforte, mentre la melodia principale, il ‘corale’ propriamente detto, è cantato dai fedeli all’unisono e all’ottava, intonato insieme da uomini e donne.

Nella polifonia sacra della Chiesa Romana, invece, il cantus firmus era di solito affidato al tenor. Qui il diverso andamento ritmico fra le voci rendeva difficile la comprensione del testo; insomma, la polifonia era splendida ma complessa e poteva essere eseguita solo da cantori professionisti. Le istanze riformistiche dei protestanti ebbero un peso notevole e indussero la Chiesa di Roma a rinnovarsi; in campo musicale la Controriforma tentò di reagire alle esigenze espresse Oltralpe, rendendo più intelligibile il testo cantato, limitando gli intrecci polifonici.

Partendo dal corale si svilupparono diverse forme compositive, anche strumentali, tra cui il corale figurato.

Da abilissimo maestro, Johann Sebastian Bach aggiunse al corale Wachet auf, ruft uns die Stimme un contrappunto sopra e sotto il canto fermo, in questo caso affidato alla parte centrale del tenore; possiamo ascoltarlo qui (solo strumentale e seguendo la musica) oppure qui (anche con le voci).

Forse si deve al Protestantesimo e alla pratica collettiva d’intonare corali a quattro voci se i popoli di quelle aree europee hanno sviluppato un interesse e un amore così profondi per la musica colta.

Infine, l’aggettivo corale, anche in senso figurato, esprime il concetto di una moltitudine umana armonicamente ordinata, forte e gioiosa.

Parola pubblicata il 08 Novembre 2020

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