Profano

pro-fà-no

Significato Mondano, terreno; empio, che viola la sacralità di qualcosa; non iniziato, non competente

Etimologia voce dotta recuperata dal latino profanus ‘non iniziato’, derivato di fanum ‘luogo sacro, tempio’, col prefisso pro- ‘davanti’.

  • «Ah non guardare me, io sono profano.»

Questa è una parola densa, che sa essere seria e sa essere ironica. Ed è anche una parola dotta, che custodisce un punto di vista esoterico: infatti deriva da un termine importante dell’antichità che sentiamo echeggiare giusto in un paio di parole, fra cui proprio ‘profano’. Anche se a dirla tutta una continuazione popolare l’ha avuta.

Ce lo racconta Cesare nei suoi Commentarii de bello civile, in cui racconta la guerra che combatté contro Pompeo: varcato famosamente il Rubicone (iacta alea est, ‘il dado è tratto’), pose un presidio presso Fano. Pare sia la prima menzione storica del luogo. Era un centro noto perché vi era un Tempio della Fortuna, Fanum Fortunae — e anzi è rimasto noto come Fanum e Fano tout-court. Il nome della città di Fano è quindi una curiosa continuazione popolare di un termine altrimenti conservato solo nei libri.

Fanum, inferiamo, è il tempio (dovrebbe essere legato a fas, il diritto divino). Il profanus è letteralmente lasciato fuori dal luogo sacro: non è iniziato ai misteri, non li conosce e non ha ragione di parteciparvi — anzi, dalla sua posizione di impreparato e ignorante, un suo accesso al sacro sarebbe non meno che empio.

Da queste premesse latine, fioriscono i significati italiani di ‘profano’.
Si parte dal terreno, dal mondano: le cure della persona di spirito obbligata a gestire certe questioni secolari oscillano fra sacro e profano, mentre concentriamo i nostri studi sugli aspetti profani di una certa società del passato.
Ma l’affare si fa grave quando iniziamo a parlare del profano quale indegno proclive — volontariamente o no — alla violazione del sacro, e quindi quando parliamo della mano profana che ha insozzato la reliquia, o dell’orecchio profano che ha udito un segreto prezioso.

Invece si fa ironico quando il profano diventa l’incompetente. Da profano partecipo solo alla conferenza conclusiva del congresso e al buffet, sono un profano ma amo andare a teatro, e quando gli amici parlano di qualcosa rispetto a cui sono bellamente profano, annuisco comunque. Non ha le negatività sminuenti dell’inesperto, dell’ignorante, e nemmeno il sereno distacco del laico: il profano patisce un’esclusione, ma è detto in modo molto sofisticato — e poi, chi mai è addentro a tutto?

Così imperniata sul sacro, è una parola di un certo rango, recuperata già nel Duecento, e dalle ricchissime possibilità; è di quelle che da sola sa alzare il tono del discorso, che dà una sensazione di esperienza nella scelta delle parole. Non a caso: non è una parola da profani.

Parola pubblicata il 31 Dicembre 2025 • di Giorgio Moretti