Fisiognomica
fi-sio-gnò-mi-ca
Significato Disciplina che cerca di interpretare i caratteri psicologici di un individuo dall’aspetto esterno, in particolare dai tratti del viso
Etimologia da fisiognomico, voce dotta recuperata dal latino medievale physiognomicus, che è dal latino tardo physiognomònicus, prestito dal greco physiognomonikós, da physiognómon ‘che riconosce il carattere di una persona dai lineamenti del viso’, composto dagli elementi physio- da phýsis ‘natura’ e gnómon ‘conoscitore’, dalla radice di gignósko ‘conoscere’.
Parola pubblicata il 13 Giugno 2025
Quelle che scacciamo dalla porta come insulse credenze a volte si mettono un paio di baffi finti e si fanno riaccogliere piacevolmente dalla finestra.
La fisiognomica, cioè quella disciplina che individua e interpreta i tratti caratteriali dell’individuo a partire dai tratti del viso, ha un delicato aspetto da ramo secco della scienza ottocentesca. È una disciplina che non ha passato il vaglio del paradigma scientifico contemporaneo — e che però ha fatto in tempo ad avere una risonanza tale da perdurare nel nostro modo di pensare le cose. In effetti questo che prende nell’Ottocento è un nome nuovo (cioè: un nome antico recuperato ex novo) adatto a nuove aspirazioni positivistiche, ma l’idea è vecchia e radicata. Prima, la determinazione del carattere di una persona tramite i suoi lineamenti si chiamava… fisionomia. Etimologicamente stessa roba — la fisionomia è solo stata più maltrattata.
Oggi la fisionomia è l’aspetto esteriore caratteristico di una persona. E saremmo una banda di ipocriti se non ammettessimo che sì, ancora interpretiamo la fisionomia come prima informazione sul carattere di una persona. Non è un mero aspetto, una manifestazione solo esteriore: addirittura, quando in senso figurato parliamo della fisionomia di un intellettuale, della fisionomia di un Paese, della fisionomia di un concerto, parliamo precisamente di caratteri profondi dedotti da caratteri esterni.
Quante descrizioni memorabili di personaggi troviamo in letteratura, e quante volte ci appoggiamo sulle impressioni che la fisionomia ci dà…! Ma certo, sono informazioni del tutto preliminari, spesso adagiate nello stereotipo, e che è bello tradire (tanto che pure questo è a sua volta un luogo di cliché, il tipo truce pieno di cicatrici che ha un cuore d’oro, la tipa radiosa piena di grazia che è una vipera e via dicendo).
Ora, la fisiognomica aveva — ma non seppelliamola, diciamo che ha — qualche pretesa in più.
Innanzitutto vuole essere una scienza, vuole avere un respiro abbastanza deterministico. Niente di storto o doppio, la physiognomonía in greco è dichiaratamente la ‘scienza di giudicare il carattere dall’aspetto fisico’, significata con bella poesia componendo lo gnómon, il conoscitore, con la natura, phýsis.
È una pretesa eccessiva, al sapor di frenologia; ma non buttiamo via il bambino con l’acqua sporca. La fisionomia, per quanto abbia una dimensione larvata di giudizio, non è più in grado di raccontare in maniera esplicita e chiara che stiamo proprio parlando del nesso fra aspetto esterno e caratteri. Per questo ci serve la fisiognomica.
Durante il lungo viaggio in autostrada ci dedichiamo a discettazioni di fisiognomica delle automobili — che con fari e targa mostrano facce sorprese, arrabbiate, schifate, tristi, e che così finiscono per esserlo. Invitiamo il gruppo di lavoro a non indulgere in considerazioni di fisiognomica rispetto all’espressione perennemente stupita della nuova collaboratrice: è un’aquila. E ci colpisce come le illustrazioni del libro per bambini rendano i tratti più sottili di un personaggio con un esercizio di fisiognomica formidabile.
Basta abbassare l’asticella. Non stiamo parlando di teoremi matematici, e come scienza la fisiognomica è una parascienza. Ma è una parola utile, perché se la usiamo e consideriamo senza pretese riesce a rendere un sistema specifico di considerazioni che è praticamente eterno e ineludibile.