SignificatoChi cerca di convincere qualcuno sui pregi di una merce o di uno spettacolo, invitando a comprare o a parteciparvi
Etimologia da imbonire, derivato di b(u)ono col prefisso locativo in-.
Presenta la sua merce con un profluvio di parole efficaci, semplici o dotte quando conviene, dà dimostrazioni sbalorditive di quel che dice, esaltando ciò che vuole vendere in maniera irresistibile – e noi col portafogli in mano, rapiti, compriamo subito, anzi, ne prendiamo due: queste sono fra le prime immagini che ci possono venire in mente quando si sente parlare di imbonitori.
In realtà l’imbonitore non nasce in questa specifica veste; piuttosto emerge col profilo di un buttadentro o acchiappino, come si usa dire oggi, indicando figure di richiamo per un’attività. Il verbo ‘imbonire’, prima del Novecento, aveva indicato l’azione del rabbonire, e conseguentemente quella dell’ingraziarsi. Questi significati originali ci fanno capire quale sia il nucleo originale dell’imbonire – cioè quello del porre qualcuno (il cliente) in un buono stato, in uno stato di benevolenza, di buona disposizione d’animo.
A inizio Novecento (probabilmente su influenza di usi omologhi francesi) l’imbonire inizia a profilarsi come azione di richiamo di clienti – acquirenti o spettatori. Così l’imbonitore si afferma come strillone o – come dicevamo – buttadentro che invita con vigore e maestria i passanti a entrare nel locale o nel teatro, e anche venditore che decanta ed esalta in modo convincente le virtù formidabili della sua merce.
Proprio il modo in cui è espansivo, accattivante e entrante, perfino invadente ai limiti di un’astuta sfacciataggine, da un lato ci rapisce, dall’altro ci allarma. Ma il termine ‘imbonitore’ tendenzialmente non è lusinghiero, e adombra volentieri l’intenzione coperta della fregatura da parte di qualcuno che sa cucinare l’uditorio portandolo a credere quel che vuole.
Difatti, se sono imbonitori quelli che al mercato vendono un rivoluzionario pelaverdure, e imbonitrici le conduttrici di televendite che mostrano in bianco e nero le tue grame difficoltà e a colori la brillante soluzione a soli 19.99 solo per oggi, può anche dirsi imbonitore il candidato alle elezioni locali che magnifica le doti di una squadrascalcagnata, imbonitore il preteso economista che vaticina disastri e miracoli presentando la sua teoria e invitando investimenti che lui stesso gestirà dal Regno di Tonga.
Un nome dolce e morbido, ma che mette sul chi vive, promettendo fregature. Dopotutto, ciò che è davvero buono non necessita di metterti in buona, imbuonirti per essere apprezzato.
Presenta la sua merce con un profluvio di parole efficaci, semplici o dotte quando conviene, dà dimostrazioni sbalorditive di quel che dice, esaltando ciò che vuole vendere in maniera irresistibile – e noi col portafogli in mano, rapiti, compriamo subito, anzi, ne prendiamo due: queste sono fra le prime immagini che ci possono venire in mente quando si sente parlare di imbonitori.
In realtà l’imbonitore non nasce in questa specifica veste; piuttosto emerge col profilo di un buttadentro o acchiappino, come si usa dire oggi, indicando figure di richiamo per un’attività. Il verbo ‘imbonire’, prima del Novecento, aveva indicato l’azione del rabbonire, e conseguentemente quella dell’ingraziarsi. Questi significati originali ci fanno capire quale sia il nucleo originale dell’imbonire – cioè quello del porre qualcuno (il cliente) in un buono stato, in uno stato di benevolenza, di buona disposizione d’animo.
A inizio Novecento (probabilmente su influenza di usi omologhi francesi) l’imbonire inizia a profilarsi come azione di richiamo di clienti – acquirenti o spettatori. Così l’imbonitore si afferma come strillone o – come dicevamo – buttadentro che invita con vigore e maestria i passanti a entrare nel locale o nel teatro, e anche venditore che decanta ed esalta in modo convincente le virtù formidabili della sua merce.
Proprio il modo in cui è espansivo, accattivante e entrante, perfino invadente ai limiti di un’astuta sfacciataggine, da un lato ci rapisce, dall’altro ci allarma. Ma il termine ‘imbonitore’ tendenzialmente non è lusinghiero, e adombra volentieri l’intenzione coperta della fregatura da parte di qualcuno che sa cucinare l’uditorio portandolo a credere quel che vuole.
Difatti, se sono imbonitori quelli che al mercato vendono un rivoluzionario pelaverdure, e imbonitrici le conduttrici di televendite che mostrano in bianco e nero le tue grame difficoltà e a colori la brillante soluzione a soli 19.99 solo per oggi, può anche dirsi imbonitore il candidato alle elezioni locali che magnifica le doti di una squadra scalcagnata, imbonitore il preteso economista che vaticina disastri e miracoli presentando la sua teoria e invitando investimenti che lui stesso gestirà dal Regno di Tonga.
Un nome dolce e morbido, ma che mette sul chi vive, promettendo fregature. Dopotutto, ciò che è davvero buono non necessita di metterti in buona, imbuonirti per essere apprezzato.