Fregatura

Scorci letterari

fre-ga-tù-ra

Significato Imbroglio, raggiro, danno, delusione

Etimologia derivato di fregare, dal latino fricare.

Il registro di questa parola non è certo alto, ma questo non vuol dire che sia una parola semplice: infatti descrive in maniera colorita tanto un atto quanto il suo effetto.

L’immagine di base è non è difficile da intendere, avendo un millenario carisma popolare. Il ‘fregare’ è uno strofinare, che in senso figurato, ed eufemisticamente, diventa l’avere un rapporto sessuale. La nostra lingua ha apparecchiato una ricchissima antologia di termini e locuzioni che usano quest’immagine - in particolare il subire un rapporto sessuale - per significare una complessa nuvola di concetti fra cui troviamo l’imbroglio, il raggiro, l’inganno (atti), il danno, il fallimento, la delusione (effetti). Qui il verbo ‘fregare’, col sostantivo derivato ‘fregatura’, si rivela particolarmente versatile in virtù della sua facciata eufemistica - che non condivide con sinonimi quali ‘fottere’ o ‘trombare’.

Se dico che non ho colto l’offerta di un computer a prezzo straordinariamente basso perché subodoravo una fregatura, intendo che vi intravedevo una truffa; se dico che il concerto costoso ma attesissimo alla fine era una fregatura, intendo che si presentava per ciò che non era, e che ne sono rimasto deluso; se dico che la mia disponibilità ad aiutare in un trasloco si è tradotta in una fregatura perché da mesi ho tre cassapanche in salotto, vuol dire che sento tradito il mio buon cuore, che qualcuno si è approfittato di me; e se dico che la denuncia calunniosa ai miei danni si è volta in fregatura per il denunciante, intendo che è stata per lui un fallimento amaro e oneroso.

Sicuramente è una parola il cui uso va sorvegliato, perché c’è un tempo e un luogo per ogni immagine, ma ha una forza a cui spesso non è inopportuno ricorrere.

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(Giovannino Guareschi, Diario clandestino)

Signora Germania, tu mi hai messo fra i reticolati, e fai la guardia perché io non esca. È inutile signora Germania: io non esco, ma entra chi vuole. Entrano i miei affetti, entrano i miei ricordi. […] Entra anche il buon Dio e mi insegna tutte le cose proibite dai tuoi regolamenti. […] Tu frughi nel mio sacco e rovisti fra i trucioli del mio pagliericcio. È inutile, signora Germania: tu non puoi trovare niente, e invece lì sono nascosti documenti d’importanza essenziale. La pianta della mia casa, mille immagini del mio passato, il progetto del mio avvenire. […]

L’uomo è fatto così, signora Germania: di fuori è una faccenda molto facile da comandare, ma dentro ce n’è un altro e lo comanda soltanto il Padre Eterno. E questa è la fregatura per te, signora Germania.

Guareschi è famoso soprattutto come autore del Don Camillo. Non molti, però, conoscono l’ampiezza della sua produzione, e soprattutto la sua forza di carattere.

Quest’uomo ha affrontato ben due prigionie: la prima in un campo di concentramento tedesco, la seconda nelle carceri italiane. Ed entrambe per una pura questione di principio (nel primo caso, in particolare, perché rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò).

Moralmente, inoltre, egli era una delle colonne portanti del campo, nonostante la salute declinante (quando arrivò pesava 86 chili; quando se ne andò, 46). Fondò persino una sorta di giornale clandestino: scriveva articoli che poi diffondeva oralmente, leggendoli nelle baracche per rialzare il morale dei compagni. “Signora Germania” fu, appunto, uno dei pezzi più fortunati.

In questo brano troviamo la stessa semplicità dei racconti di Don Camillo (una semplicità, peraltro, non priva di ricercatezza, perché tutto il testo è costruito su metafore e simmetrie). Guareschi stesso, infatti, si vantava di usare in tutto 300 parole per scrivere i suoi racconti. E tuttavia è riuscito a comunicare un’incredibile profondità di sentimenti. Ma da dove viene questa forza?

Sicuramente le sue scelte lessicali sono provocatoriamente incisive, e lo stile affabile cattura il lettore senza che se ne accorga. Ma non solo: Guareschi si sforza di trovare parole che abbiano un’eco diretta nell’esperienza del destinatario. Parole, cioè, tanto vitali da poter sopravvivere anche in contesti in cui ogni retorica si disgrega.

E non sceglie parole di odio, la cui potenza è più immediatamente percepibile. Sceglie invece di richiamarsi ad altre risorse: la dimensione affettiva (il ricordo di casa) e spirituale (la fede religiosa). Questo infatti è, secondo Guareschi, il nucleo profondo e universale dell’anima umana.

E dunque a partire da questo si può costruire un ponte tra gli uomini, ricordando loro la propria dignità. Una vera «fregatura» per ogni riduzionismo ideologico.

Parola pubblicata il 15 Maggio 2017

Scorci letterari - con Lucia Masetti

Con Lucia Masetti, dottoranda in letteratura italiana, uno scorcio letterario sulla parola del giorno.