Paludato

pa-lu-dà-to

Significato In abiti vistosi e di cattivo gusto; ampolloso, retorico, solenne

Etimologia voce dotta recuperata dal latino paludatus ‘in divisa da comandante’, da Paluda, epiteto di Minerva in armi.

Qui abbiamo una parola che è un brillante. Chiariamo, ha un limite: non dà appigli immediati per la sua decodifica a chi non la conosca — e appartenendo a un registro abbastanza elevato non è strano che non sia conosciuta. Però è tutt’altro che bizzarra e non è troppo elevata: resta spendibile facilmente in discorsi appena un po’ sostenuti. E si impernia sull’immagine icastica di un mantello.

Parte tutto dalla dea Minerva: uno dei suoi epiteti, di origine misteriosa, è giusto ‘Paluda’ (ma forse è da collegare con l’epiteto greco ‘Pallade’ dell’omologa dea Atena, probabilmente da pállo ‘scagliare’, riferito alla lancia). Corrisponde a una sua raffigurazione in armi: ricordiamo che Minerva, di origine etrusca, era la dea della saggezza e della guerra.

Il paludamentum nell’antica Roma era il corto mantello rosso con cui ancora ci immaginiamo i generali romani, fermato sulla spalla sinistra, e il termine paludatus prende un significato che potremmo spiegare come ‘in divisa’; classicamente era paludatus il generale in partenza per una campagna militare dopo aver dichiarato pubblicamente i voti, ma è un aggettivo che ha maturato il respiro più ampio di una contrapposizione fra paludati militari e togati borghesi. Fin qui tutto bene, tutto molto dignitoso.

Il termine ‘paludamento’ viene recuperato in italiano nel Trecento nella sua accezione storica. Nel Seicento i suoi significati si sono estesi a comprendere l’abito regale, ampio, ricco, solenne — un’estensione interessante, che marca il paludamento come segno di potere ma lo fa sconfinare nell’eccesso, già lontano dalle essenzialità marziali.

Però è solo alle porte del Novecento che ci mostra il profilo figurato di un ornamento ampolloso, e da allora il paludato si conquisterà un grande successo sia nella concretezza di un ‘vestito di abiti fastosi’ (e il più delle volte, è inteso, di cattivo gusto), sia — soprattutto — nella metafora di un ‘ampolloso, retorico’.

Possiamo parlare della signora con cui prendiamo l’autobus tutti i giorni, che si paluda con soddisfazione di scialli opulenti, e possiamo parlare del modo goffo in cui gente non avvezza si paluda per la soirée; possiamo parlare di come una prosa paludata nasconda una debolezza di contenuto, del modo paludato da professionista con cui ci rivolgiamo a clienti d’ogni risma per fare impressione, dei forestierismi che paludano il discorso di arie mondane.

Il paludato è tanto, troppo. È una parola che parla dello sconfinamento in cui il ricco si fa esagerato, la dottrina si fa saccente, il sicuro tronfio, l’ornamento soverchiante. Esito splendido e inatteso della sua grande parabola: da segno di potere militare prelatino acquista una dimensione di vacuità coprente, che ammanta. Dopotutto i mantelli sono simboli complessi nel modo contrapposto in cui ostentano e nascondono.

Parola pubblicata il 27 Luglio 2022