Pastorale
pa-sto-rà-le
Significato Genere che si è sviluppato in letteratura, in arte e in musica, basato su personaggi e scene della vita rurale o ispirate a essa; lungo bastone consegnato ai vescovi al momento della loro ordinazione; pietanza della tradizione italiana centro-meridionale
Etimologia da pastor, derivato di pàscere ‘far pascolare, nutrire il bestiame’.
Parola pubblicata il 21 Dicembre 2025
Le parole della musica - con Antonella Nigro
La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale

Nonostante sia una parola che evoca il Natale cristiano, quasi tutto ciò che possiamo definire pastorale ebbe inizio in tempi remoti. In questo termine infatti il fertilissimo suffisso -ale (presente nello stesso natale) si lega a pastore dando esito sia all’aggettivo (una scena pastorale, la Sinfonia pastorale di Beethoven) sia al sostantivo (il pastorale del vescovo, la Pastorale di Franck). In entrambi i casi si fa riferimento a una delle figure più antiche della storia, a un’importante categoria che insieme a quella degli agricoltori è all’origine delle prime società umane. Perfino le religioni cosiddette ‘del libro’ (ebraismo, cristianesimo e islamismo), narrano del pastore Abele e del fratello agricoltore Caino, così come il mito fondativo di Roma inizia con Romolo e Remo, allevati dal pastore Faustolo.
I pastori omerici suonavano la siringa, antico strumento a fiato affine al flauto di Pan, ma il primo a comporre boukolika melē o ‘musica pastorale’ fu forse il siculo Stesicoro nel VI secolo a. C. Quindi, tra mito e storia, si possono incontrare siringhe, auloi, tibie e zampogne che nel corso dei secoli si avvicendarono sulle scene campestri.
In letteratura il genere bucolico ebbe i suoi campioni in Teocrito e in Virgilio; dopo l’affermazione del culto cristiano, accanto al filone pastorale si sviluppò anche una tradizione le cui radici affondano nel Vangelo di Luca. La versione lucana della Natività vuole infatti che i pastori accorressero per primi al luogo dove nacque il bambinello divino.
Il repertorio delle musiche su questo tema si orientò di conseguenza e strumenti come flauti e ance doppie, pastorali per eccellenza, caratterizzarono spesso gli organici delle musiche natalizie. Altri elementi ricorrenti furono l’adozione di ritmi cullanti come il 6/8 della ninnananna (per intenderci, quello di Tu scendi dalle stelle/Quanno nascette Ninno) e la presenza di bordoni intonati alla diapason o alla diapente.
Nel tardo Medioevo ebbe successo un tipo di lirica francese a sfondo pastorale, la pastourelle, che trovò echi nel Jeu de Robin et Marion di Adam de la Halle. Rappresentato nel 1283 per la prima volta probabilmente alla corte di Napoli, il Jeu era cantato sotto forma di dialogo tra un cavaliere galante e una pastorella. Sebbene le origini di questo genere potrebbero essere popolari, i precursori della pastourelle vanno ricercati proprio in Teocrito e Virgilio. Comunque, sono pastorali anche i madrigali sul Pastor fido di Guarini, o le ‘favole boscareccie’, sino a Prélude à l’après-midi d’un faune di Debussy o a Daphnis et Chloé di Ravel.
Dalla pastourelle francese, nel Seicento fiorì la pastorella, composizione musicale destinata al Natale e basata appunto sul Vangelo di Luca. Ma al filone religioso fanno capo molte altre musiche, dal Largo Pastorale del Concerto grosso op. 6 n. 8 di Corelli, «fatto per la notte di Natale» alla Pifa pastorale del Messiah di Händel. Anche messe e sinfonie vennero denominate pastorali, pastoritiae o pastourelle.
Nell’Italia degli anni Trenta Ottorino Respighi compose la Lauda per la Natività del Signore, sorta di cantata-carola il cui esordio è affidato a soli cinque fiati: oboe, corno inglese, flauto e due fagotti, ai quali spetta introdurre l’atmosfera pastorale della tradizione umbra.
Sono ormai piuttosto rari gli zampognari abruzzesi che arrivano nelle città con i loro strumenti, ma è bello pensare che i pastori, all’origine di tanti miti, di tante religioni e della musica stessa, possano ancora tornare ogni anno per riportare i suoni di un lontano passato, annunciando qualcosa di straordinario con il linguaggio dell’umiltà.