Diapente
dia-pèn-te
Significato Nella musica dell’antica Grecia, intervallo melodico di quinta; altro titolo con cui è citato il ‘Diatessaron’ di Taziano, opera teologica basata sui quattro Vangeli
Etimologia voce dotta recuperata dal latino diapente, adattato dal greco dià pénte ossia ‘attraverso cinque’ che indicava appunto l’intervallo melodico di quinta.
- «Quali armonie nell’arte più sovrane | fur composte giammai più altamente | da musico operar di menti umane | o qual dolce unisòno con diapente…» (Iacopo da Montepulciano, 1390 ca.)
Parola pubblicata il 07 Dicembre 2025 • di Antonella Nigro
Le parole della musica - con Antonella Nigro
La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale
Nel 554 moriva San Vittore, vescovo di Capua. Durante i primi anni del suo ufficio, aveva ordinato di copiare l’ultima e più aggiornata versione latina del Nuovo Testamento. Raccogliendo gli scritti ne trovò uno, anonimo, in cui i quattro Vangeli erano riuniti insieme armoniosamente.
Il sapiente Vittore riconobbe in quell’opera il famoso Diatessaron di Taziano (qualcuno dei lettori ricorderà la storia di questo antico Vangelo). Tuttavia, quando redasse la prefazione al nuovo prezioso codice, scrisse che si intitolava Diapente, letteralmente: ‘attraverso i cinque’.
Gli studiosi non si spiegano questa discrepanza, che non poteva essere ignota al vescovo; il Vangelo di Taziano ebbe una diffusione straordinaria nel mondo cristiano latino, siriaco, armeno, giorgiano, copto, arabo… sino a quello gotico. Taziano conosceva perfettamente i termini musicali greci, dai quali trasse ispirazione per il titolo della sua opera, e questi erano certo noti anche a Vittore: diapente era l’intervallo di quinta, ovvero una delle consonanze perfette (3:2). L’altra era l’ottava o diapason (2:1).
Le antiche consonanze, diapason e diapente, erano da intendersi melodicamente, ossia non come suoni simultanei ma come due note in successione. Questo perché, dall’età classica sino al Medioevo, la musica era quasi esclusivamente monodica. Dobbiamo infatti immaginarci una società in cui la musica vocale era la protagonista assoluta. La musica strumentale esisteva ma, comunque, era anch’essa prevalentemente monodica. Nelle feste cittadine o campestri, nei riti ecclesiastici, nelle performances di picareschi cantimbanchi o di raffinati trovatori a corte, la musica era sostanzialmente a voce sola, oppure veniva intonata all’unisono o all’ottava. Inoltre, il canto poteva usufruire di possibilità espressive oggi in parte perdute. Infine, la musica si poteva ascoltare ovviamente solo dal vivo e, a volte, un singolo cantore che raddoppiava le sue melodie sul liuto era tutto quello di cui si poteva disporre.
Nel Rinascimento, grazie al rinnovato interesse degli eruditi nei confronti della cultura classica, la diapente rinverdì i fasti del suo glorioso passato. Nel frattempo però era sbocciata la polifonia, infiorando il lussureggiante campo musicale. Nei trattati dell’epoca, diapente acquista tre significati: consonanza, intervallo e proporzione. Consonanza (concordantia) è intesa come due suoni in simultanea; intervallo (coniunctio) è un salto melodico; proporzione (proportio) è invece un rapporto proporzionale matematico: la sesquialtera. Nella pratica si otteneva facilmente dividendo una corda in tre parti uguali, generando un suono alla quinta superiore rispetto a quello fondamentale della corda stessa. Qualsiasi cordofono, come la chitarra, può sfruttare questa proprietà fisica, che ne arricchisce anche le possibilità timbriche. Infatti, la diapente è anche il primo armonico dopo la diapason e contribuisce all’impasto che determina la bellezza di un suono.
A un orecchio moderno, una quinta perfettamente intonata priva della terza che ne definirebbe la natura modale maggiore o minore, risulta ‘vuota’. I primi organa medievali con le melodie che procedevano per quinte parallele, suonano con un effetto arcaico.
Viceversa, le regole auree della composizione, dal Rinascimento in poi, vietano di produrre ottave e quinte parallele tra le voci, che invece prosperarono nel Medioevo. Ancora oggi si ascoltano nelle composizioni a carattere popolare, con zampogne e bordoni. E che dire di tanta filmografia che ha commentato glorie, sfarzi imperiali e guerre stellari tramite la diapente?
Una curiosità: in italiano parole composte come pentagono, pentateuco, Pentecoste ecc. presentano l’elemento pente- (o penta-) che significa ‘cinque’, all’inizio del termine. Diapente invece è l’unico composto della nostra lingua in cui -pente è il secondo elemento. Eppure ha la sua ragion d’essere, visto che riassume la locuzione ‘intervallo di quinta’. Potenza del greco.