Ninnananna

Le parole della musica

nin-na-nàn-a

Significato Canto per addormentare i bambini; musica, anche solo strumentale, ispirata al canto omonimo

Etimologia voce infantile di origine onomatopeica, composta da ninna e nanna – successione di parole in cui muta una sola vocale, fenomeno ricorrente in voci espressive o proverbiali (come tic-tac, zig-zag, di riffa o di raffa).

Forse sin dagli albori dell’umanità le madri di tutto il mondo hanno cantato una ninnananna ai figlioli per farli dormire, o per calmarli. In italiano il vocabolo appartiene soprattutto al lessico popolare e secondo i dizionari ha un’origine onomatopeica.

La ninnananna domestica è una semplice melodia che a volte si tramanda esclusivamente per via orale, con caratteristiche musicali spesso arcaiche. Per esempio, è costituita da una linea melodica discendente, può avere versi irregolari, presentare onomatopee o parole alterate per produrre assonanze e può essere perfino improvvisata.

Fra gli intervalli più usati c’è la terza minore discendente, successione melodica ancestrale, presente tutt’oggi in tante filastrocche infantili, negli slogan strillati a squarciagola negli stadi di calcio, finanche nell’arcinota e offensiva tiritera «sceee-mo, sceee-mo».

In passato la ninnananna veniva intonata anche per allontanare un male, per invocare una benedizione divina, per instillare valori culturali, o per incutere bonarie minacce: «ninnananna ninna-o, questo bimbo a chi lo do?». Perfino un non-musicista riconoscerà facilmente la reiterazione di terze minori discendenti, come nell’altro esempio.

È stato suggerito un legame tra ‘ninnananna’ e ‘nenia’, parola che in latino indicava un lamento funebre (nēnĭa ‘cantilena’). Fu Cicerone a proporre la derivazione del termine nēnĭa dal greco nēnía, l’elogio pubblico accompagnato dal flauto. Sempre in epoca antica, la parola designava anche un canto infantile, o una formula d’incantamento. La nenia aveva lo scopo d’indurre uno stato ipnotico, per consentire l’accesso ad altre dimensioni, analogamente a quanto avviene per esempio nei rituali sciamanici.

Nella seconda metà del Quattrocento, il poeta Giovanni Pontano scrisse ex-novo dodici Neniae, in latino. Nell’ultima, rivolgendosi al figlio Lucio, usò ripetutamente la forma «naenia naeniola», affine alla ‘ninnananna’ sia dal punto di vista lessicale che semantico.

Nel 1613 fu pubblicata all’interno di un’antologia una canzonetta a tre voci di Nicolò Rubini. Le parole, in dialetto modenese, sono ispirate a un modello testuale documentato nel XVI secolo. Forse per la prima volta in un’edizione musicale, il testo ha un incipit molto simile a quello di svariate ninnenanne: «Fa la nanina».

La ninnananna esiste da secoli anche come musica d’arte, sia vocale, con o senza accompagnamento, che strumentale. Ne abbiamo numerosi esempi, dai lullay inglesi medievali con burden (ossia il ‘ritornello’ citato a proposito della carola), fino alla musica contemporanea.

In ambito colto la ninnananna ha mantenuto il suo originario carattere intimo e di solito è destinata alla voce femminile solista, proprio come avviene nel canto materno. Altro elemento musicale che contribuisce all’effetto rilassante è l’adozione di un ritmo composto lento (spesso in 6/8), che ‘culla’ l’ascoltatore, similmente a quanto avviene nella barcarola, che imita il dondolio placido della barca sulle onde.

Nella musica strumentale, la berceuse (ninnananna in francese) di solito è una composizione per pianoforte. La Berceuse di Chopin in Re maggiore (1843–1844), fornì il modello per molti altri compositori, che ne mantennero le caratteristiche generali: tempo composto, dinamica sommessa e accompagnamento che ‘oscilla’ tra le armonie principali di tonica e dominante. Su questo impianto di base, Chopin collocò una semplice melodia, che poi variò con passaggi virtuosistici. Composero berceuse per pianoforte o per orchestra: Liszt, Gounod, il nostro Ferruccio Busoni, Igor Stravinsky e altri ancora. Questa è la berceuse tratta dall’Uccello di fuoco, diretta dallo stesso Stravinsky.

Brahms compose alcune delle più belle ninnenanne, tra cui il famosissimo Wiegenlied (ninnananna in tedesco) op. 49, n. 4. Il Wiegenlied op.78 n. 4 di Schumann si differenzia per l’organico insolito: invece della sola voce femminile, le parti vocali sono affidate al soprano e al tenore, che rappresentano i genitori di un bambino ammalato.

L’elenco delle ninnenanne è lungo; ne aggiungiamo solo un’ultima: la Nana tratta dalle Siete canciones populares españolas (1914) di Manuel De Falla.

Ora, però, speriamo che la lettura non sia stata troppo soporifera!

Parola pubblicata il 17 Gennaio 2021

Le parole della musica - con Antonella Nigro

La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale