Sermone

ser-mó-ne

Significato Anticamente lingua, conversazione; discorso del sacerdote alla chiesa; lungo discorso di rimprovero e ammonimento

Etimologia voce dotta recuperata dal latino sermo ‘discorso’, da sèrere ‘intrecciare, concatenare, allineare’.

La famiglia etimologica del sermone è amplissima e stupefacente: ci sono foto di famiglia in cui dalla bisnonna fino al nipote ogni elemento sembra stampato con la stessa matrice, dalla postura, al modo di vestire, alla curva dei riccioli. Ma foto di altre famiglie paiono un’accozzaglia di persone senza legami di parentela — potrebbero essere foto di gruppo della fila alle poste. Ed è questo il nostro caso.

Il capostipite della famiglia è il verbo latino sèrere, che non è passato in italiano se non con la sua variegata, importantissima discendenza, e che portava il significato di un intrecciare concatenando.
Lo vediamo nel serto, nome poetico della ghirlanda; lo vediamo nella serie, successione ordinata; lo vediamo nel deserto, letteralmente un ‘abbandonato’ pensato come qualcosa da cui ci si scioglie; lo vediamo nel dissertare, un argomentare ordinatamente; ma anche nelle braccia conserte, e nella legatura puntuale e salda dell’asserzione.

Il sermone (sermo in latino) nasce semplicemente come discorso: un intreccio concatenato di parole e frasi — e già questa immagine vale a renderci una grande brillantezza concettuale, da un lato umile e pratica, dall’altro di consapevolezza fine, che ha portato il sermone a indicare perfino la lingua intera e il parlare.
Ma è una parola in cui le ombre hanno superato le luci. Infatti non usiamo più dire che non conosciamo il sermone francese, o che teniamo sermone con qualcuno intendendo che ci parliamo: il sermone ha maturato come peculiare riferimento il discorso del sacerdote alla sua chiesa. Un discorso che naturalmente ha alte intenzioni religiose e morali, e che però prende volentieri il profilo eterno del pistolotto. Tanto da sganciarsi dai contesti religiosi per diventare, in genere, il verboso discorso di ammonimento e di rimprovero — non estemporaneo forse come il pistolotto stesso, né acceso come la rampogna.

Così parleremo del sermone che ci fa la mamma ogni volta che saltiamo la colazione, del benaccetto sermone che la vigile ci fa al posto della multa, o di un vecchio sermone che abbiamo compreso solo dopo qualche tempo.

A questa veste barbosa e pesante contribuisce la fallace percezione che sia un accrescitivo: sermone sa già di discorso lungo. Ma è un’apparenza: i nomi, in latino, si declinavano in diversi ‘casi’ a seconda della funzione che dovevano avere nella frase. Ad esempio, sermo è un cosiddetto nominativo, cioè ha questa veste quando ha funzione di soggetto; ma le parole italiane di derivazione latina spesso scaturiscono dal caso accusativo (con funzione, fra le altre, di complemento oggetto), e il caso accusativo di sermo è sermonem, che diventa l’italiano ‘sermone’ perdendo la ‘m’ finale. Niente accrescimento, niente spregio in sé: ha solo patito un riferimento troppo stretto a un genere di discorso che l’insofferenza dei nostri nonni e delle nostre nonne ci ha tramandato come una paternale.

Parola pubblicata il 20 Novembre 2021