Sfruttare

sfrut-tà-re (io sfrùt-to)

Significato Impiegare una risorsa, specie impoverendola; usare con efficacia; approfittare, trarre profitto dal lavoro altrui senza adeguato compenso

Etimologia composto parasintetico di frutto, che è dal latino fructus, propriamente participio passato di frui ‘fruire, godere’.

Disfruten. No, non è tedesco. È un augurio che ci viene rivolto di continuo quando viaggiamo in Spagna, e suona come un invito, un’esortazione: godetevela, divertitevi; quasi a confermare lo stereotipo per cui il paese iberico sarebbe luogo per eccellenza di sollazzo e svago, con spiccata propensione alla vita notturna – che gli spagnoli chiamano, appunto, vida nocturna, mentre i giornalisti italiani… movida.

Disfruten è congiuntivo presente di disfrutar, verbo impiegabile sia in senso assoluto, come abbiamo visto, sia con un oggetto: disfrutar la comida è godersi il pasto, disfrutar la película godersi il film. In ogni caso sempre di godere, di provare piacere si tratta, e considerando che disfrutar ha chiaramente la stessa origine dell’italiano ‘sfruttare’, sulle prime l’esistenza di un legame tra le due cose sembra improbabile, per non dire inquietante.

Già, perché in italiano ‘sfruttare’ non suona mica tanto piacevole. Il senso originario – non sorprendentemente, giacché alla radice della parola c’è il frutto – attiene all’ambito agricolo: impoverire, rendere meno fertile un terreno traendone in modo eccessivo gli elementi nutritivi, come fanno certe piante. Il verbo è costituito da fruttare, cioè dare frutto, più il prefisso s-, che potrebbe avere valore intensivo o privativo: quindi, o far fruttare troppo o privare della capacità di dare frutto, che ne è conseguenza. Solo nell’Ottocento compaiono le accezioni attuali: ricavare il massimo – non necessariamente troppo – da una risorsa (sfruttare una miniera, un giacimento); approfittare di un’occasione o di una persona (sfruttarne la generosità, l’ingenuità) per trarne un vantaggio; e infine sfruttare qualcuno in senso lavorativo, negandogli la giusta retribuzione.

Ma allora, donde diavolo hanno cavato mai, gli spagnoli, quel senso di godimento e piacere del loro disfrutar? Recuperiamo il bandolo della matassa. Fructus – il frutto che si ottiene sfruttando – in latino era il participio passato di frui, fruire (da cui anche frumento). Il frutto, quindi, è ciò che è fruito. E proprio come il disfrutar spagnolo, anche il frui latino, usato in senso assoluto, poteva significare ‘godere, sollazzarsi’, mentre con un oggetto era ‘fare uso di qualcosa’: fruirne, appunto; poterne disporre e perciò goderne. Questo legame tra possesso e godimento è trasparente in italiano come in spagnolo: disfrutar de buena salud è ‘godere di buona salute’, cioè averla, esserne provvisto, e se disfruto del sol sulla mia terrazza significa che il sole ce l’ho, ne dispongo, e quindi me lo godo.

A questo punto, la domanda è del tutto legittima: ma allora, per significare il peggio dello sfruttamento – quello lavorativo, ad esempio – gli ispanofoni come fanno? Semplice: in questo caso, diversamente da noi, hanno seguito i francesi. Nei primi decenni dell’Ottocento, quando dai semi piantati durante la Rivoluzione germogliarono i movimenti socialisti e si pose apertamente la questione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, il francese adattò, per esprimere questo concetto, il verbo exploiter. Gli spagnoli, che pure avevano un loro verbo (esquilmar) corrispondente al senso originario dell’italiano ‘sfruttare’, non tardarono ad appropriarsene: explotar.

Noi no. Per cui il nostro ‘sfruttare’, già privo da sempre del senso di sano godimento del disfrutar spagnolo, una volta caricato anche dell’accezione economica di ‘sfruttamento’ ha perso ogni innocenza: per exfructare, cogliere il frutto del vivere, pare che dobbiamo per forza sottrarlo al prossimo. A parole, beninteso. La realtà, che si chiami sfruttamento o explotación, quella resta.

Parola pubblicata il 13 Ottobre 2020

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