Traviata

tra-vià-ta

Significato Che si allontana dal retto cammino. Titolo di una celebre opera di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, rappresentata per la prima volta al teatro La Fenice di Venezia nel 1853

Etimologia aggettivo deverbale formato sul participio passato di ‘traviare’, composto dal prefisso tra- ‘in mezzo, fra’ e -via ‘strada; cammino; mezzo’.

Nell’italiano delle origini il participio passato del verbo traviare, da cui deriva l’aggettivo traviato, aveva già implicazioni etiche. Una persona traviata si è allontanata dalla retta via, finendo sulla cattiva strada. Ci si può perdere a causa di un inganno, oppure si può possedere una naturale disposizione a lasciarsi fuorviare, magari anche solo per noia… si sa, l’ozio è il padre dei vizi. Il termine traviato ha comunque sinonimi che si connotano invariabilmente per immoralità: corrotto, degenerato e via dicendo.

Secondo le statistiche fornite dalla rete, questa parola registra un impatto librario clamoroso intorno al 1853, anno in cui esordì La Traviata di Giuseppe Verdi. Traviata è Violetta Valéry: giovane e bella, vive nel lusso. È un’etera con amanti facoltosi, ma è malata di tisi.

Il ‘male del secolo’ tristemente familiare al pubblico, affliggeva comuni mortali e artisti, da Keats a Chopin, e poi Hans Castorp ne La montagna incantata di Thomas Mann. Soffriranno il mal sottile anche Simonetta Cattaneo ne I Medici di Ruggero Leoncavallo e Mimì ne La Bohème (opera composta sia da Giacomo Puccini che da Leoncavallo). La Traviata e La Bohème avevano entrambe antecedenti letterari francesi, basati su storie vere: la prima da La Dame aux camélias di Alexandre Dumas fils (1848) e la seconda dalle Scènes de la vie de bohème di Henri Murger (1851).

Come sanno bene i melomani, la prima dell’opera verdiana subì un solenne fiasco, forse a causa dei cantanti. Sembra per esempio che la prima Violetta, Fanny Salvini-Donatelli, avesse un aspetto un po’ troppo florido per incarnare la giovane morente di consunzione…

Verdi, affidando il soggetto alla penna di Francesco Maria Piave, colse l’opportunità per riformulare alcune convenzioni del melodramma. La Traviata è ambientata nell’epoca in cui fu scritta, una novità assoluta nell’opera lirica. Lontana dalla storia ufficiale o dalla mitologia, in scena c’è solo la società francese di metà Ottocento, benpensante oppure disinibita. Incurante di «stupidi scrupoli», Verdi chiese che anche i costumi fossero quelli del suo tempo. La censura invece si oppose e, per la prima dell’opera, fu necessario retrocedere l’ambientazione al Settecento.

Certo, la protagonista de La Traviata è una prostituta, fatto che non aveva precedenti nel melodramma, avvezzo a ben altre figure femminili (finzione nella finzione, non a caso La Traviata piacerà alla Vivian/Julia Roberts di Pretty woman). Tuttavia, ben diversamente dall’epilogo della pellicola cinematografica, la Violetta verdiana trova la sua catarsi nel sacrificio d’amore e nella morte, come richiedeva l’etica dell’epoca. Così sublimata, diviene un’eroina perfettamente all’altezza delle nobili protagoniste del melodramma precedente: Norma, Lucia di Lammermoor, Semiramide…

Traviata è una parola forse poco attraente, soprattutto per figurare come titolo di un’opera musicale, tanto che inizialmente gli autori pensarono ad Amore e morte. Ma, al solito, la censura rifiutò, come già era avvenuto con Triboletto, ribattezzato Rigoletto. Tutto sommato, Traviata preannunciava comunque il contenuto; la nuova opzione, inaspettatamente, fu accettata dalla commissione e diventò definitiva.

Il Preludio de La Traviata è quasi un esperimento narrativo in musica: la vicenda è riassunta in tre momenti, presentati in ordine cronologico inverso. Infatti, esordisce sulle armonie dell’ultimo atto, velate da cromatismi che sfociano in un crescendo d’appoggiature e pause, presagio dei singulti della morente. Tutto però si dissolve nella melodia che, nel secondo atto, diverrà Amami, Alfredo. Infine, la stessa melodia, esposta da clarinetto, fagotto e violoncelli, è contrappuntata da delicate fioriture dei violini primi che evocano la Violetta del primo atto.

Il momento più famoso dell’opera è probabilmente il Brindisi, spesso eseguito nelle celebrazioni musicali di Capodanno. Il ruolo di Violetta, invece, è uno dei più temuti dai soprani, anche soltanto limitandosi alla prima grande Scena e Aria, che culmina nel Sempre libera degg’io. Duecentosessantadue battute di dramma psicologico e di belcanto puro.

Parola pubblicata il 29 Settembre 2024

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