Catafascio
ca-ta-fà-scio
Significato Nella locuzione ‘a catafascio’ in rovina, a rotoli, ma anche alla rinfusa, sottosopra
Etimologia composto del greco katà ‘giù’ e sfascio.
Parola pubblicata il 06 Marzo 2018
ca-ta-fà-scio
Significato Nella locuzione ‘a catafascio’ in rovina, a rotoli, ma anche alla rinfusa, sottosopra
Etimologia composto del greco katà ‘giù’ e sfascio.
Parola pubblicata il 06 Marzo 2018
Questa parola nasconde una curiosità incantevole.
La usiamo comunemente nella locuzione avverbiale ‘a catafascio’, che in maniera intensa ed enfatica ci permette di descrivere qualcosa che va a rotoli, in disordinata rovina, o che si ammucchia alla rinfusa, senz’ordine: il capanno di cui dovevamo sistemare il tetto è andato irrimediabilmente a catafascio, per impazienza abbiamo buttato a catafascio la partita a scacchi che stavamo vincendo, ci ritroviamo l’armadio semivuoto a forza di mettere a catafascio i vestiti sulla sedia della camera, e l’abile dimostrazione dell’amico che si diceva in grado di trarre via la tovaglia da sotto le stoviglie del tavolo apparecchiato è finita a catafascio in maniera spettacolare.
Ebbene, il catafascio (o ‘scatafascio’, se preferiamo un gusto più marcato e popolare) non è una parola normale. È una chimera, una parola ibrida, formata nel Quattrocento da un elemento italiano (lo ‘sfascio’) e da un elemento greco (‘katà’, col significato di ‘giù’). C’è poco da fare, dev’essere stata inventata di sana pianta, e il risultato è formidabile, sia a livello sonoro (perché il catafascio riempie la bocca e rende il suono di un crollo complesso) sia a livello concettuale, perché direziona lo sfascio, il suo disordine, la sua rovina, secondo la gravità.
Sono proprio queste parole a farci capire che materia viva sia la lingua, e quanto i processi di formazione di una bella parola possano essere insospettabilmente arbitrari.