Meraviglia

me-ra-vì-glia

Significato Sentimento di stupore destato da una cosa nuova, straordinaria, impensata

Etimologia dal latino: mirabilia cose ammirevoli, da mirari guardare con meraviglia.

Lo stupore davanti ai bastioni del Sorapis, monte cucito in pietra all’uncinetto da un’infinità di minuscoli microrganismi equorei in milioni di anni e poi sollevatosi dalle profondità del mare a sparigliare le nuvole e i venti con la sua massa titanica; l’aurora che col suo celeste smorzacandela spenge le stelle ad una ad una, annunciando nello spettro dei suoi colori l’alba che infuoca il mare, che tracima dai monti allagando di luce le pianure; il cane che, a te che non hai mai avuto animali in casa, ti accoglie al tuo arrivo con delle feste sincere come mai, nemmeno da ospite lungamente atteso, hai ricevuto; l’inatteso stupore che stringe il respiro alla fine del Colombre di Buzzati, di una poesia di Prévert o di Tagore; il ponte dell’Alamillo di Calatrava, sul Guadalquivir, i perduti giardini pensili di Babilonia; lo scoprire, il realizzare la normalità conquistata di un’amicizia fraterna di cieca fiducia, di un amore che è materia, terra, cosa.

Questa è la meraviglia, qualità dell’occhio e del cuore prima che dell’oggetto, filo sotteso alla più ampia parte dell’Essere, sempre presente e di rado colta, capace di coinvolgere nelle sue realizzazioni una persona nella sua interezza, totalizzandola, e facendole intuire con complicità il suo posto nel mondo - meraviglia fra le meraviglie, atlante che sulle sole proprie spalle regge la consapevolezza della bellezza universale - seppur con breve memoria, presto tornando quella a suonare il clacson, a lamentarsi della vita, a mettersi a letto in fine di giornata col sangue marcio d’astio, ansia, rancore, ignara d’essere stata simile a un dio, ignara di ritornarlo, luminosa, ogni volta che si meraviglia.

Parola pubblicata il 03 Novembre 2011