Accrocco

ac-cròc-co

Significato Mucchio, ammasso di cose; lavoro abborracciato, fatto alla meglio

Etimologia da accroccare, composto parasintetico di crocco ‘uncino per le mattanze’, che attraverso il francese croc deriva dalla voce francone ricostruita come krok, col senso si ‘uncino’.

  • «Sì, questa soluzione è un accrocco.»

Anche la categoria del mucchio sfida i limiti della lingua: è un concetto che nella nostra cultura non solo è importante, ma che è fondamentale poter rendere con precisione qualificante. È un fatto che si fa notare perché abbiamo (be’) un fracasso di sinonimi.

Nell’accrocco sentiamo subito una certa ruvidità, scura e spigolosa. La sua velocità ci rende una qual rapidità di composizione — ed etimologicamente questo ha molto senso. Infatti ci troviamo davanti a un cugino di scrocco: hanno come avo comune un figuro violento e minaccioso, cioè il crocco, l’uncino usato nelle mattanze per tirare i pesci sui palischermi, le barche che chiudono quella che pittorescamente è chiamata la camera della morte. Il termine è di origine francese, da croc, il padre del crochet, cioè il più mite uncinetto o il meno mite colpo di gancio del pugilato: origina dal termine francone ricostruito come krok, col significato giusto di ‘uncino, gancio’.

Bene, questo accrocco quindi è un mucchio di qualcosa qualcosa buttato insieme, con la calma compassata che si ha mulinando e dimergolando un arpione: così diventa l’ammasso di cose, più concreto o più figurato. Posso parlare di come in giardino si sia formato un accrocco di roba da conferire alla spazzatura, di come l’arredamento del salotto in cui la zia organizza le partite a carte, anche se le pare così elegante, sia un accrocco senza senso, di come quella che leggo non sia un’argomentazione, ma un accrocco di luoghi comuni, o di come quello che pareva un improbabile accrocco di personaggi, narrativamente funziona.

Ecco, ciò che non spicca nell’accrocco è la massa. Nella sua rapidità sa essere molto più arioso di un ammasso; non è montagnoso e pesante come un cumulo; però non ha nemmeno l’affettazione della congerie, condivisa anche dalle proporzioni abissali del subisso, né l’ordine parziale della pila, la funzionalità operativa della catasta, o l’ordinaria capacità del sacco. Potrebbe avvicinarsi all’accozzaglia, ma questa ha un più spiccato tratto di varietà. Queste specialità dell’accrocco si vedono anche in un’ulteriore accezione che acquista.

A differenza dei suoi esimi colleghi sinonimi, l’accrocco diventa il lavoro fatto alla meglio. Non un mucchio grave, ma qualcosa che dà l’idea di essere messo insieme come veniva. «Ma che è questo accrocco» mi domandi «è così che hai montato la libreria?». O mi fai notare con garbo che «Questo non è un previsionale, non è una presentazione, questo è un accrocco.» E magari lo so che questa riparazione è un accrocco, ma intanto funziona. Bella evoluzione, per roba uncinata e lanciata insieme.

Peraltro, va notato che si tratta di una parola recente. Anche se continua un’origine francone, ha una matrice regionale, centro-meridionale, e il suo successo è iniziato negli anni ‘80 — ma non è mai stata usata quanto oggi.

Parola pubblicata il 22 Giugno 2023