Basito

ba-sì-to

Significato Svenuto; sbalordito, attonito

Etimologia attraverso l’ipotetica voce del latino parlato basire, da una radice celtica individuata come ba-, col significato di ‘morire’.

  • «Quando me l'ha detto sono rimasto basito.»

Un tonfo. Poi qualcosa che scivola. Silenzio. Basito.
Certi suoni che costituiscono una parola hanno l’articolazione di un’azione drammatica. Magari non sono propriamente parole onomatopeiche, ma a valle si percepisce un’intensa consonanza fra il significato e il suono che veicola.

Il basito è sbalordito. Non siamo davanti a quel senso di forte impressione che lascia instupiditi come lo stupito o lo stupefatto, lo sbigottito, l’intontito, lo sbalordito stesso. Siamo in una zona più vicina al tramortito, all’attonito, all’esanime. Anzi originariamente saremmo un passo oltre, al di là.

L’etimologia è davvero curiosa, perché siamo davanti a una parola di origine latina sì, ma che nel latino scritto non è mai stata usata. Per giungere a noi è piuttosto passata nel latino parlato, a partire da un’origine celtica. In questo ceppo linguistico la radice ricostruita come ba- indica la morte; non è più un ceppo che possa contare molte lingue molto parlate, ma ad esempio in gaelico (diciamo pure in irlandese), bás significa proprio ‘morte’. Il basire ipotizzato nel latino orale, colto dal gallico, è un ‘venir meno’, ed emerge quindi in italiano per via popolare. Un’evoluzione che, se riuscissimo a concepirla realmente nelle sue vertiginose, quotidiane concatenazioni, ci lascerebbe basiti.
Paradossalmente questa parola carsica, che ha viaggiato tanto a lungo nelle profondità difficili da sondare della lingua comune parlata, oggi appartiene a un registro abbastanza elevato — è una parola ricercata, che si distingue dai sinonimi per una grazia che unisce efficacia e delicatezza. E a dispetto della lunghezza della sua storia e dell’attestazione in italiano già nel XV secolo, ha conosciuto una grande impennata nell’uso giusto negli ultimi vent’anni.

Svenuto, venuto meno: in una lingua sofisticata si può intendere in senso letterale, e quindi parlare di chi resta basito di paura, o di come io sia basito dalla fame. Notiamolo: il basito non ha la violenza d’immagine del tramortito e dell’esanime — evoca senza essere didascalico quanto uno ‘svenuto’, e senza figure più crude. Anzi ci invita a figurarci il crollo in un’immobilità improvvisa, un impietrire, tant’è che il più delle volte, quando facciamo procedere per estensione questo significato, avvicinandolo a chi è fortemente impressionato per qualcosa, diciamo che una persona ‘resta’, ‘rimane’ basita. C’è un certo effetto Medusa, nel basito.

Posso essere basito per la risposta grottesca che ricevo dall’amministrazione; posso rimanere basito quando rivedo per caso l’amica che da tanto tanto tempo mancava; e messo davanti all’errore grossolano che ho commesso, resto basito.

Che splendida possibilità della lingua, così distillata, così pulita, così icastica; e che ci fa affacciare in maniera meravigliosa a come una parola di bocca di bocca, letteralmente di bocca in bocca e di generazione in generazione, possa attraversare una cascata di secoli e lingue diverse non smettendo mai di spiegare il suo nocciolo di significato.

Parola pubblicata il 11 Dicembre 2024