Medusa

Parole bestiali

me-dù-sa

Significato Una delle forme, insieme al polipo, in cui possono presentarsi alcune specie di Cnidari o Celenterati

Etimologia voce dotta recuperata dal latino Medusa, prestito dal greco Medousa, propriamente ‘la dominante’, in quanto participio presente femminile di médein ‘signoreggiare, regolare’.

  • «Fluttua negli eventi come una medusa.»

“Medusa! Medusa!” Quest’avvertimento, che riecheggia così spesso sulle nostre spiagge, avrebbe gettato un antico romano nel terrore o, come minimo, l’avrebbe lasciato molto dubbioso sulla nostra salute mentale.

Nel mondo classico infatti la medusa era detta pulmo, lo stesso nome del polmone (entrambi si gonfiano ritmicamente nello stesso modo e, se messi in acqua, galleggiano). Invece Medusa era il nome di un mostro mitologico, con serpenti al posto dei capelli e uno sguardo capace di pietrificare tutto ciò su cui si posava. Per questo l’aggettivo “meduseo”, benché un po’ desueto, si può applicare a una chioma scompigliata o ad uno sguardo fascinoso e raggelante insieme.

Qualcuno per la verità sosteneva che Medusa fosse in origine una bellissima fanciulla, l’unica mortale di tre sorelle – le Gorgoni – generate da antiche divinità marine. Poseidone però la violentò in uno dei templi dedicati ad Atena e la dea, indignata, si vendicò sulla vittima incolpevole, tramutandola in mostro.

Nonostante questa storia tragica, comunque, Medusa rappresentava per il mondo classico il male puro, agghiacciante e implacabile. Solo un semidio, Perseo, poté sconfiggerla, guardando il suo riflesso nello scudo e riuscendo così a decapitarla. Il potere pietrificante dei suoi occhi però non svanì, tanto che Perseo usò la testa mozza in svariate occasioni come arma. Perciò si diffuse l’abitudine di porre la sua effigie sugli scudi, rovesciando paradossalmente il simbolo del massimo pericolo in un emblema di protezione.

Cosa ha a che fare tutto ciò con l’urticante e gelatinosa creatura di nostra conoscenza? Proprio nulla. Quando però, nel Settecento, Linneo dovette trovarle un nome per inserirla nel suo storico sistema tassonomico, questo mito gli venne subito alla mente.

Primo: la medusa gli sembrava, come la gorgone mitica, un inquietante essere ibrido, a metà tra animale e vegetale. Secondo: i tentacoli ricordavano proprio dei serpentelli, e il fatto che la medusa sembrasse “tutta testa” si adattava bene all’immagine di un capo reciso, capace di vivere senza corpo.

Quanto alla potenza pietrificante, la scienza dell’epoca offriva un suggestivo parallelo. Si pensava infatti che i coralli fossero delle piante che, per qualche motivo, si pietrificavano a contatto con l’aria. Si notò inoltre che sui coralli abitavano dei polipetti, simili a meduse rovesciate. E in effetti, per molte specie, i polipi non sono nient’altro che lo stadio giovanile delle meduse. Dunque, in un certo senso, le meduse erano implicate in questa trasformazione delle piante in pietra.

C’è il piccolo dettaglio che le meduse, in genere, non hanno occhi, e alla meglio non vanno oltre una visione sfuocata, perché non hanno un cervello che possa elaborare le immagini. Tuttavia c’è almeno un caso in cui la medusa merita appieno il suo nome. La “vespa di mare”, tra gli animali più velenosi del mondo, possiede ben 24 occhi e, a differenza di altre sue colleghe che si limitano a fluttuare nell’acqua, può attaccare volutamente le vittime. Vive in prevalenza in Australia, dove ogni anno uccide una settantina di persone.

E a proposito di superpoteri, un’altra medusa, la Turriptosis dohrnii, piccola come una moneta, è potenzialmente immortale, dato che può regredire dallo stadio adulto a quello di polipo quante volte le pare. In teoria alcuni esemplari potrebbero essere in giro da 66 milioni di anni. Meno male che la Medusa del mito non era una Turriptosis, altrimenti neppure Perseo avrebbe potuto fare granché.

Parola pubblicata il 18 Settembre 2023

Parole bestiali - con Lucia e Andrea Masetti

Un lunedì su due, un viaggio nell'arcipelago dei nomi degli animali, in quello che significano per noi, nel modo in cui abitano la nostra vita e la nostra immaginazione.