Crucifige
cru-ci-fì-ge
Significato Persecuzione faziosa, condanna ingiusta
Etimologia voce latina, seconda persona dell’imperativo presente di crucifìgere ‘crocifiggere’.
- «Snocciola continui crucifige, non lo sopporto.»
Parola pubblicata il 12 Dicembre 2024
È il momento del massimo tentennamento di Ponzio Pilato. Siamo nel diciannovesimo capitolo del Vangelo secondo Giovanni; Gesù è stato malmenato e ridicolizzato, e il procuratore Pilato lo porta fuori — non trova in lui nessuna colpa, ma non ha la forza di schierarsi contro la folla. Alle parole con cui presenta ed espone un Cristo malconcio, tanto famose da diventare proverbiali — ecce homo, ecco l’uomo — la gente gli risponde con un imperativo: crucifige, crucifige!
Questi sono elementi che si fanno notare: la narrazione è essenziale, asciutta. Le parole sono poche e il momento è sommo. Se non fosse una storia nota com’è nota, si oserebbe sperare in un altro esito, un esito in cui una persecuzione faziosa trovasse un argine.
Invece il modo in cui gli eventi precipitano è tanto impressionante, di un’impressione tanto condivisa, e così comprensibile anche nell’imperativo latino, che il crucifige si fa spazio com’è, crudo, come parola della nostra lingua — attestato già agli albori del Trecento.
Impiegare in un discorso il riferimento del grido di chi volle il supplizio di Cristo, si capisce, ha un certo impatto. ‘Crucifige’ descrive sì una persecuzione senza prospettiva, una condanna intransigente e ottusa, ingiusta, ma non senza sfumature ulteriori; anzi connota immediatamente un gruppo o una posizione, con le condanne che pretende o pronuncia. Questo contribuisce a renderla una parola intensa, appuntita — ma dopotutto è un crucifige, già l’immagine da sola lo sarebbe abbastanza.
Posso parlare dei crucifige che si sollevano già al primo sospetto che lambisce qualcuno; dei crucifige che arrivano in risposta al progetto che considera di rinnovare alcuni spazi; del crucifige continuo che una persona ha dovuto patire prima che la sua posizione venisse riconsiderata; dei crucifige che punteggiano la discussione, che fanno sentire tutti così morali e integri.
È una parola dallo strano equilibrio: accessibile e spendibile, aulica e pesante, e ancora forte e icastica, con tutto questo resta però difficile da usare con saggezza.