Dodecacordo

Le parole della musica

do-de-ca-còr-do

Significato Nome di un’antica cetra munita di dodici corde

Etimologia dal greco dodekachordon, composto di dódeka ‘dodici’ e khordé ‘budella’.

  • «Anche i Beatles hanno suonato il dodecacordo! O no?»

Parola strana, ma dal significato trasparente; alla lettera: dodici corde. Si tratta dell’esito italiano di dodekachordon, termine coniato nel greco antico, passato nel latino dodecachordum e infine nell’italiano volgare del Rinascimento. Il lemma in molti dizionari non è presente, ma esiste egualmente nella lingua, in contesti fuori dell’ordinario.

Tutto ebbe inizio con la cetra, strumento musicale per eccellenza dell’antichità classica, un grande cordofono con un numero variabile di corde, immancabile nel ricco corredo di Apollo citaredo. Con il tempo, le corde dello strumento aumentarono di numero e si discute ancora su come e quando. Forse Frinide le portò a undici (endecacordo) e Timoteo di Mileto a dodici, realizzando appunto il dodecacordo.

A volte il fascino dell’antico perdura tenacemente, ma in questo caso si trascinò dietro questioni complesse, come la definizione dei sistemi scalari e la composizione dei tetracordi in base ai diversi generi usati all’epoca: il diatonico, il cromatico e l’enarmonico.

Nel 1547 l’erudito svizzero Glarean pubblicò un trattato fondamentale: il Dodekachordon. Henricus Loriti Glareanus, al secolo Heinrich Glarean, si chiamava così perché proveniva da Mollis, nel Canton Glarona, Glarus in latino e in tedesco. Aveva quasi sessant’anni quando pubblicò la sua opera, ispirandosi per il titolo proprio alla cetra a dodici corde. Se oggi conosciamo la musica così com’è, lo dobbiamo anche a quello storico momento in cui Glarean prese il coraggio a due mani e decretò ufficialmente che i modi in uso non erano otto, ma dodici.

Secondo le sue stesse parole, gli ci vollero vent’anni per venire a capo del nuovo sistema; ne valeva la pena, perché il suo lavoro permise una svolta con ripercussioni importanti e durature. Agli otto modi medievali, eredità bizantina dell’octoechos, ne aggiunse altri quattro: lo ionico, l’ipoionico, l’eolio e l’ipoeolio; i primi due avevano la finale sul Do, i secondi sul La.

Sembrano astrusità, ma nella pratica il modo ionico è il capostipite di tutte le moderne scale maggiori ed è identico alla scala di Do maggiore. L’eolio è invece l’antesignano del modo minore, corrispondente alla scala di La minore naturale. Dulcis in fundo, Glareano affermò che lo ionico era il modo più frequentemente utilizzato ai suoi tempi. Fu un passaggio memorabile che preparò il tramonto del sistema medievale, favorendo la nascita di un linguaggio agile e moderno. E aprì la strada alla musica occidentale, biforcata nella dicotomia del modo maggiore e di quello minore. È singolare che la fine della modalità sia stata decretata non da una soppressione dei modi, ma da un incremento del numero degli stessi.

Glareano fu un autentico umanista del Rinascimento, teorico di musica, poeta, matematico, geografo. Nel 1512 compose un panegirico per Massimiliano I, imperatore del Sacro Romano impero; lo cantò magistralmente davanti a lui e all’assemblea dei principi tedeschi a Colonia. L’imperatore lo ringraziò incoronandolo poeta con un serto d’alloro e infilandogli un anello al dito. Siamo certi che la cerimonia fu particolarmente solenne, lasciandoci immaginare la considerazione in cui erano tenuti gli intellettuali dell’epoca. Glareano strinse anche amicizia con il più anziano Erasmo da Rotterdam, che venerò come maestro, condividendo con entusiasmo il suo ideale di un mondo classico illuminato dalla fede cristiana; Erasmo lo corrispose appieno. Ma la fama di Glareano proviene quasi esclusivamente dal fatto che, ovunque, teorici e musicisti studiarono, copiarono e applicarono la sua riforma, esposta nel Dodecachordon.

Infine, per rispondere alla domanda iniziale: una chitarra a dodici corde (come questa di David Gilmour) non è un dodecacordo, ma ha sicuramente un bellissimo suono. Le coppie delle corde acute sono intonate all’unisono, mentre quelle basse e medie sono appaiate con una seconda corda all’ottava, conferendo ricchezza al suono d’insieme. Provare per credere.

Parola pubblicata il 02 Febbraio 2025

Le parole della musica - con Antonella Nigro

La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale