Fattura
fat-tù-ra
Significato Fabbricazione di un prodotto; nota del compenso dovuto per una prestazione o per una vendita; malìa, stregoneria, incantesimo
Etimologia dal latino factura, cioè ‘fabbricazione, composizione’, derivato da factum ‘fatto’, a sua volta dal verbo fàcere, cioè ‘fare’.
- «Mi ha fatto una fattura.»
Parola pubblicata il 02 Luglio 2023
Quando ammiriamo la fattura finissima di un abito sartoriale, quando sbianchiamo alla vista della fattura del professionista, quando ci regalano un corno rosso napoletano per scongiurare malocchi e fatture, usiamo sempre la stessa parola, che ha sempre la stessa etimologia. Tuttavia, i significati sono del tutto diversi, anche se riconducibili ad un verbo cardine della lingua, senza il quale non potremmo esprimere una vastissima gamma di concetti: il fare.
Dietro la fattura si cela infatti il latino factura, che sta per la fabbricazione di qualcosa. È il significato più diretto, quello col quale, appunto, possiamo lodare l’esecuzione secondo le regole dell’arte di un articolo particolarmente pregiato: osserva la maestria della fattura di queste scarpe artigianali! La fattura di questi piatti di Faenza è superba. Trovo che la fattura di questa porcellana sia squisita.
Factura a sua volta è un derivato di factum, ‘fatto’, dal verbo fàcere. Se prendiamo il significato di nota analitica per una prestazione o vendita di beni, stiamo intendendo il rendiconto di tutto ciò che è stato fatto, o che sarà fatto. E, ovviamente, se è stato fatto, o se sarà fatto, va pagato. Tutti gli altri termini legati a questo significato, come il fatturato o la fatturazione, sono contemporanei e attestati solo a partire dal XX secolo.
Ai giorni nostri, dunque, la fattura ci è consueta come documento che obbliga il ricevente al pagamento del servizio o della merce ottenuti, ed è un’attestazione con cui l’emittente segnala inoltre all’autorità fiscale quanto è stato guadagnato. Siamo nell’emozionante campo della burocrazia, della tassazione — campo antichissimo, ma questo specifico uso di ‘fattura’ si è affermato nell’ambiente bancario fiorentino del XV secolo (notoriamente molto fiorente).
Tutti questi fari ci appaiono estremamente concreti, ma la fattura ha anche risvolti più sottili — e arriviamo così all’ultimo significato di questa parola, il più misterioso, ammantato di superstizione. Il verbo affatturare, che significa operare una malìa, un incantesimo su qualcuno, infatti, è attestato fin dal Trecento. Che ‘fattura’, parola dal pedigree fatto di pratica e solidità, significhi anche ‘stregoneria’, ‘incantesimo’, termini sovrani del mondo fantastico, ci mostra in modo inequivocabile le corde che vibrano nei recessi più intimi della lingua e del sentire umano. Specie in ambiti di tale sottigliezza, in cui il pericolo temuto è invisibile, chiamare le cose col loro nome può essere un atto troppo scoperto: così la fattura si afferma come eufemismo per la malìa — coprendola col nome genericissimo di qualcosa che viene fatto.
Dopotutto, il sistema di credenze (antico ma ancora attuale) da cui scaturisce quest’uso considera reale e concreta, tanto quanto la zolla di terra da spaccare per piantare il seme, l’azione compiuta per mezzo delle forze altre e degli spiriti. Uno splendido doppio fondo delle parole, incantesimi esse stesse, con la cui concretezza si può sancire l’obbligo e celare la magia.