Gaudio

gàu-dio

Significato Gioia intensa; piacere, contentezza

Etimologia voce dotta recuperata dal latino gaudium, da gaudère ‘godere’.

  • «Oh, che gaudio, stavolta ho vinto io.»

C’è poco da fare: le parole che insistono qui, su questo significato, hanno quasi sempre qualcosa di strano. Ci sentiamo a nostro agio con la gioia, con l’allegria, magari anche con la chimerica felicità, al limite con l’entusiasmo, ma poi basta. Niente a che vedere con le dozzine di varianti della rabbia o della paura: se uno è contento è contento, non c’è mica bisogno di stare a sottilizzare — mentre paure, rabbie, disgusti e tristezze richiedono esplorazioni linguistiche sofisticatissime per denunciare e rivelare ombre e pericoli.
Alla domanda «Perché scrivi solo cose tristi?» il cantante Luigi Tenco rispose «Perché quando sono felice esco», e questo vale anche per le parole: quasi sempre ci bastano gioia, allegria, felicità, forse entusiasmo — e le usiamo anche un po’ alla carlona.

Il gaudio è una gioia molto intensa. Certo ‘molto intensa’ quanto può mai esserlo una gioia espressa con una parola libresca. Ma non c’è da fare gli schizzinosi, le scelte, dicevamo, sono poche. Scaturisce dal ‘godere’ con una progressione semplice e interessante: il godimento è gioioso, e questo sentire unisce la sensazione col sentimento. È il caso di notare che si tratta di un recupero dotto: i gaudia (plurale), per via popolare e attraverso il francese hanno dato vita a ‘gioia’.

Ora, difficilmente parlerò del gaudio della tifoseria per la vittoria della squadra, o del gaudio d’aver vinto un concorso importante, o un premio: il gaudio è sentimento acceso, ma il carattere aulico del termine fa trasparire questa passione come calore di fiamma lontana.
Certo, anche il carattere aulico è da temperare — dopotutto abbiamo un proverbio che conserva la parola chiara e accessibile che non è poi questa citazione dottissima (né questo acutissimo pensiero): «Mal comune, mezzo gaudio».

Il gaudio si presta a quelle gioie forti ma ordinate; posso magari parlare del gaudio della persona religiosa al culminare della liturgia dai grandi significati di speranza; del gaudio che manifestiamo nel consesso quando la proposta a cui abbiamo tanto lavorato viene lodata e adottata; di come tragicamente s’intuisca il gaudio della zia all’ultima mano di briscola, tipico di quando sa che prenderà tutto.

Il sentimento è forte, ma viene schermato. Questo non ha più a che fare con l’etimo e la storia radicale della parola; è un accidente della sua evoluzione. Le parole alte sono fini, e dicono molto, ma di rado bruciano.

Parola pubblicata il 04 Settembre 2025