Harem

Parole semitiche

hà - rem

Significato Gineceo (parte di un edificio riservata alle donne), insieme di donne con cui un uomo intrattiene numerose storie d’amore allo stesso tempo; in etologia, gruppo di esemplari femmine che fanno parte di un gruppo presidiato da un solo maschio, il quale ha diritto esclusivo di accoppiamento

Etimologia attraverso il turco harèm, dall’arabo ḥarīm ‘luogo proibito’, dal verbo ḥarama, i cui numerosi significati includono privare, escludere, proibire, vietare.

  • «Pare che il presidente non lo considerasse il suo comitato, ma il suo harem.»

Con questa parola partiamo dal museo più famoso del mondo per andare alla scoperta di particolari ginecei, che richiedono di parlare anche di generi alimentari.

Al Museo del Louvre è custodito un dipinto del pittore neoclassico francese Dominique Ingres intitolato ‘Il bagno turco’. Raffigura le famose odalische col turbante tanto spesso ritratte dall’artista e che hanno ispirato altri suoi pari come Man Ray e Matisse. Le donne nel quadro sono nude, intente a suonare, cantare e lavarsi languidamente.

Questa raffigurazione fa parte di una corrente pittorica molto in voga in Europa tra la fine del Settecento e l’Ottocento: si tratta dell’orientalismo, a sua volta mera branca di un’ondata di interesse culturale verso l’esotico che invase il vecchio continente in concomitanza con il fiorire del colonialismo. Arti, letteratura, architettura e studi antropologici furono letteralmente invasi da questa moda orientale, che, come quasi tutte le cose, ebbe lati positivi e negativi.

Uno dei temi che attirò di più l’immaginario pruriginoso della società ottocentesca, vittoriana e pudibonda, era quello dell’harem: sale piastrellate e ricoperte di cuscini in cui si ammassavano donne discinte pronte a soddisfare ogni desiderio di un uomo solo. E ti pareva, verrebbe da dire. Anche la musica subì il fascino di questi luoghi, basti pensare all’opera mozartiana ‘Il ratto del serraglio’. Le cose però, erano ben più complesse di così. Effettivamente i sovrani dei paesi orientali possedevano luoghi riservati, vasti e affollati di donne, che permettevano loro la generazione di numerosi eredi tra cui scegliere per la successione — o che per la successione avrebbero combattuto. Le concubine facenti parte di questo nutrito gruppo, sorvegliate dagli eunuchi (guardiani castrati e perciò innocui), vivevano segregate in un’ala specifica del palazzo chiamata ‘harem’ perché era proibita a tutti tranne che al sovrano. Harem, infatti, deriva dal verbo ḥarama i cui significati sono quelli di proibizione, separazione, inviolabilità, proibizione e privazione.

Ma harem erano anche la parte dell’hammam pubblico e della moschea riservata alle donne. Insomma, qualsiasi struttura ad uso esclusivo di donne rientrava in questa definizione. Vale la pena anche segnalare che, nel vocabolario di arabo, subito dopo il termine ḥarīm troviamo la parola ḥarīmī, tradotta come ‘muliebre, donnesco’.

Certo, tenendo il profilo dell’harem come un rapporto di molte-a-uno, possiamo prendere in giro l’amico che quest’estate tenta di giostrarsi un harem di tre ragazze ignare della rispettiva esistenza, o possiamo guardare un documentario sui costumi sessuali dei babbuini, che si battono tra maschi per il possesso dell’harem. Ma potrebbe anche essere l’amica ad avere un harem numeroso, gestito con fittissimi scambi di messaggi.

Tutto chiaro, ma che c’entrano i generi alimentari? Ebbene, il cibo nell’islam è diviso in due categorie: tutto quello che è hallal, cioè permesso dal Corano, può essere consumato. Ma quello che non è hallal, e quindi che è proibito e che non varcherà mai la soglia del frigo di casa, come si chiama? Giusto con una parola membro della nutrita famiglia del verbo ḥarama: ḥarām.

Parola pubblicata il 19 Agosto 2022

Parole semitiche - con Maria Costanza Boldrini

Parole arabe, parole ebraiche, giunte in italiano dalle vie del commercio, della convivenza e delle tradizioni religiose. Con Maria Costanza Boldrini, dottoressa in lingue, un venerdì su due esploreremo termini di ascendenza mediorientale, originari del ceppo semitico.