Hummus
hùm-mus
Significato Crema a base di ceci, sesamo, aglio, olio di oliva e succo di limone, tipica delle cucine palestinese, israeliana, libanese, turca, greca e, in generale del Vicino Oriente
Etimologia dall’arabo ḥummuṣ che significa ‘ceci’, plurale di ḥimmiṣ, versione abbreviata del nome completo ḥummuṣ bitaḥini (‘hummus con salsa tahina’, a base di sesamo).
- «Ho portato il vino e l'hummus.»
Parola pubblicata il 04 Novembre 2022
Parole semitiche - con Maria Costanza Boldrini
Parole arabe, parole ebraiche, giunte in italiano dalle vie del commercio, della convivenza e delle tradizioni religiose. Con Maria Costanza Boldrini, dottoressa in lingue, un venerdì su due esploreremo termini di ascendenza mediorientale, originari del ceppo semitico.
È una parola che si fa notare per essere a una sola ‘m’ di distanza dal termine latino humus, un latinismo crudo ma comune, che indica il fertile insieme delle sostanze organiche del terreno. L’hummus però ci parla di tutt’altro — di una pietanza, una deliziosa salsa di ceci e sesamo, e anche di come certe pietanze possano mettere tutti d’accordo, ed essere simbolo di comunità e convivenza.
Questo perché, a discapito della cosiddetta Guerra dell’Hummus, diatriba nata in Medio Oriente intorno a quale sia il luogo di nascita di questo piatto e a chi ne prepara di più grandi per poter meritare il Guinness World Record, l’hummus è pietanza tipica di tutte le cucine tradizionali d’oltremare, e, forse, anche la più amata. Sebbene non vogliamo far finta che le cose a Gerusalemme possano risolversi solo con un ricco pranzo a base di ceci, è difficile trovare un israeliano e un palestinese che non amino cenare con un pane pita caldo di forno intinto nell’hummus, magari accompagnato da qualche altra preparazione da contorno, come le melanzane. Inoltre, l’hummus è nutriente, salutare, e famosamente adatto anche a chi ha fatto la scelta di non consumare alimenti di origine animale. Ma non finisce qui: secondo la dieta kasher, generalmente seguita dagli ebrei osservanti, l’hummus è un piatto di tipo parve, cioè non contiene né carne né latticini, ed è dunque consumabile senza problemi di sorta in qualsiasi pasto.
Potremmo dire che l’hummus è l’equivalente della nostra pizza: difficile che in qualche variante non vada bene a tutti. L’etimo è dei più semplici e piani: l’arabo ḥummuṣ significa ‘ceci’, in quanto plurale della parola cece, ḥimmiṣ. La radice semitica che vi si cela è ḥ-m-ṣ ed è legata in diversi modi al processo di tostatura, acidificazione e lievitazione. Questo particolare è interessante visto che in tempi recenti l’aquafaba, cioè l’acqua di cottura dei legumi come ceci e fagioli, è diventata un comune sostituto delle uova nella preparazione di dolciumi che altrimenti mancherebbero di leggerezza e volume.
Un intreccio di etimologia e gastronomia, che si allaccia alla nostra lingua dagli anni ‘90 — una nuova parola dal significato semplice, un nuovo uso di una semplice pietanza, e una vecchia idea di condivisione pacifica.