Orlo
ór-lo
Significato Margine estremo, limite; lembo estremo di un tessuto ripiegato su sé stesso e cucito per evitare lo sfilacciamento
Etimologia attraverso l’ipotetica voce del latino parlato orulus, dal latino ora ‘bordo, margine, riva’.
- «Non so se è un normale martedì mattina o sono sull'orlo della pazzia.»
Parola pubblicata il 17 Gennaio 2023
Le parole che hanno ascendenze antichissime non hanno solo fascini generici, e i racconti che celano non sono dottrine oziose: ci dicono qualcosa che altrimenti possiamo solo faticosamente immaginare, e cioè come è che si vede qualcosa per la prima volta.
Louise Glück, nobel per la letteratura nel 2020, ha scritto «We look at the world once, in childhood. / The rest is memory.» (Guardiamo il mondo una sola volta, nell’infanzia. / Il resto è memoria.) Questo genere di parola ci permette proprio di scoprire uno di quei primi sguardi — non tuo, non mio, ma di quella discreta folla di nonni e nonne che diedero alle cose nomi non lontani dai nostri.
Il termine ‘orlo’ prende forma attraverso il latino parlato — possiamo ricostruire la forma intermedia orulus — a partire dal termine ora ‘bordo, margine, riva’. È una progressione limpida, che spiega perfettamente tutti i significati che prende oggi il termine ‘orlo’, così imprescindibile: è un margine estremo, un limite. Può avere un’innocua dimensione domestica, come quando riempiamo un bicchiere fino all’orlo, o come quando consideriamo di rifare l’orlo ai pantaloni (qui l’orlo ha l’accezione specifica di ripiegamento dell’estremità del tessuto perché non si sfilacci o sia della lunghezza giusta). Però può avere anche tutta l’ominosa dimensione della prossimità al baratro (come quando sono sull’orlo di una crisi).
Sarà un pensiero strano, ma non è semplice trovare in natura un margine, un limite, un orlo che possa ispirare questo concetto. Il mondo è piuttosto continuo e tridimensionale, e invece l’orlo ha la natura di limite netto, praticamente bidimensionale. Da dove può nascere, allora?
Dalla bocca. La bocca (os oris, in latino, da cui l’ora che consideravamo prima) con le sue labbra ci disegna un orlo, che poi diventa quello del vaso e del bicchiere e di tutto il resto, figurato e no. La lingua ha conservato, in certi casi significativi, un’interpretazione del mondo secondo le forme speciali del nostro vivo corpo. Ci racconta (o forse ricorda) che impressione straordinaria doveva fare l’umano agli esseri umani in un mondo traboccante di vita non umana. Ci ricorda (o forse racconta) la meraviglia del nostro viso, come la sua geografia possa essere la geografia del mondo. Dopotutto, se il precipizio non ha un orlo, ha un ciglio.