Patatrac

pa-ta-tràc

Significato Rumore di qualcosa che crolla o si sfascia; disastro, crollo rovinoso; fattaccio

Etimologia voce onomatopeica.

Questa è una parola non solo onomatopeica, ma addirittura cinematografica.

Fra i suoi sinonimi, che popolano un fulgente, paradisiaco arcipelago tutto crolli, dissesti, tracolli, disastri, sfaceli, incidenti e rovine, ne brilla uno che al patatrac è particolarmente vicino — cioè il crac, temine curiosamente attestato giusto l’anno prima del patatrac (1856 contro ‘57).
Ci è evidente che il crac evoca il rumore secco di qualcosa che si sfascia crollando: è il rumore di un ramo che si spezza, della gamba di sedia che cede sotto la mole del prozio Augusto, del giro di vite di troppo che spacca la tavola (tendenzialmente è legnoso, lontano dai muggiti e dai clangori del metallo). Con un’estensione di significato nemmeno troppo figurata (la bancarotta in antico era letteralmente la rottura del banco inflitta a chi falliva) questo crac passa a indicare uno sfascio, una spaccatura finanziaria. Nel crac viene giù tutto insieme — una sola sillaba, un accento subitaneo. Nel patatrac no.

C’è un’evoluzione onomatopeica. C’è un avvertimento, una vibrazione secca, in sordina (p – t, consonanti occulsive e sorde), un morbido scricchiolio in cui inizia, e una climax ascendente che porta a un culmine disastroso, alla rottura d’accento. Il pata non ha il suono del disastro, ma lo prepara; il trac ha da sé il senso di qualcosa che si spezza o strappa — ma è un suono isolato, privo di progressione drammatica. Perciò il patatrac è cinematografico, e conferisce massa e volume alla rottura. Compone una scena onomatopeica che si sviluppa in un torno di tre sillabe.

È questo effetto che ci assicura il patatrac, quando evocando il suono parliamo dell’indicibile patatrac di quando ha ceduto un piede della credenza, o del patatrac di quando saltando sul letto abbiamo fatto saltare metà delle doghe; ma parimenti, in maniera figurata, con tutto il respiro che va dalla rovina al fattaccio, possiamo raccontare del patatrac dell’impresa nel momento in cui le voci diffamatorie si rivelano vere, del patatrac di quando hanno portato un vassoio di dolcetti e non mi sono potuto esimere dal mangiarne quindici, mentre la testimone di nozze racconta nel suo intervento cerimoniale con quale schermaglia da nulla sia nato il patatrac dell’innamoramento.

Anche le onomatopee buffe hanno il loro alto destino.

Parola pubblicata il 22 Luglio 2021