Patio

pà-tio

Significato Cortile interno di case in stile spagnolo, con piante, fontane, pozzi; spazio esterno attrezzato per potervi passare il tempo piacevolmente

Etimologia etimo discusso, forse collegato al latino patère ‘essere aperto’.

  • «Mi troverai a sorseggiare un bloody mary sul patio.»

Prendiamola ingenuamente. Che cos’è il patio? Sappiamo con certezza che è uno spazio desiderabile — l’albergo e il ristorante che ne hanno uno ce lo segnalano come dato positivo. Ma ci proietta nella mente immagini e sensazioni piuttosto sfuggenti. Che cosa c’è a terra, in un patio? Che cosa c’è tutto intorno a noi che siamo in mezzo a questo patio? Come è delimitato? Come è coperto, se lo è?

Tanti dizionari sul punto hanno un dito di polvere. Per la precisione, rendono una prima parte della storia senza considerare che cosa sia diventato, oggi, il patio. Ma iniziamo da dove ci indicano loro — ci sarà da fare un piccolo viaggio (il cui esotismo ci verrà ridimensionato dall’etimo).

C’è una continuità architettonica che lega il cortile aperto degli squisiti edifici della dominazione araba in Spagna (con aranci e giochi d’acqua) al cortile della villa spagnola, e poi a quello dell’hacienda della dominazione spagnola in America. In realtà l’idea del bel cortile circondato da una loggia su cui dà una moltitudine di stanze è ben più antica — quella del peristilio delle case greche e romane (‘peristilio’ è alla lettera greca un intorno-colonne). Ma ecco: quando parliamo di patio, storicamente ci riferiamo a qualcosa che abbia la struttura (trecentesca) del Patio de los Leones dell’Alhambra di Granada o del Patio de las Doncellas dell’Alcazar di Siviglia.

Il Patio de las Doncellas in una superba foto di Kiko León.

Un po’ più modernamente, però, ci possiamo riferire anche ai freschi cortili delle case in stile coloniale dell’America latina — con fontane o pozzi, grandi vasi di felci, e bouganville che si arrampicano fino alla loggia del primo piano. Grandi case di quelle in cui potremmo incontrare don Diego de la Vega, o come la casita di Encanto.

Questa cosa del giardino, dell’ampio spazio aperto dentro alla casa della gente ricca ci accompagna quindi da millenni — e forse è un’occasione per osservare come la gente meno ricca, o comunque con mezzi che devono scendere a qualche compromesso col reale, si appropri degli stilemi tradizionali della vita della gente più ricca, irragionevolmente più ricca. (È la vecchia storia del bucchero etrusco, una terracotta nera e lucida che fa la figura del costoso bronzo, ma non divaghiamo.)

Per capire che cosa sia un patio oggi dobbiamo rivolgerci non alla lessicografia, ma a un’entità che ha sempre il polso (e forse anche le redini) della lingua più viva: il mercato.
Se la buttiamo là a un motore di ricerca che vorremmo realizzare un patio, o che cerchiamo un albergo con un patio (mi sono condannato a settimane di pubblicità a tema) ci accorgiamo che il patio oggi è uno spazio esterno che non è necessariamente un cortile: può dare proprio sul fuori. Si caratterizza per una pavimentazione volentieri in legno o pietra naturale (che inviti il piede scalzo), per coperture come ombrelloni, gazebo, pergole con rampicanti, ed è attrezzato per passarci del tempo, meglio se in ozi sibaritici con bottiglie nelle glacette, su poltrone in vimini o rattan dagli ampi e gonfi cuscini. Pare che la presenza di un braciere, specie alla sera, sia apprezzata. E in maniera più o meno netta il patio dovrebbe anche essere delimitato, magari con muri bianchi, magari con qualche vaso con piante di ibisco, olivo, bambù.

La sua forza sta nel tratto patinato e flessibile di questa accoglienza: verande e logge, pur eleganti, hanno le rigidità di un’inclusione nell’edificio — il patio, che non si sa bene bene che cosa sia, può essere ovunque: puoi averlo anche tu (che trovata!). E il cielo ci scampi dai piazzali e dagli spiazzi, col loro tono plebeo, buoni da metterci la macchina.
Insomma, il patio è un luogo accogliente, un luogo di piacere in un posto aperto ma molto sofisticato.

Proprio l’apertura potrebbe essere il nocciolo etimologico del patio: il latino patère significa ‘essere aperto’, e la derivazione potrebbe essere diretta. Anche se sembra più sostenuta un’altra teoria: nel provenzale troviamo le parole patu o pati col significato di ‘terreno incolto’ o ‘pascolo comune’: il patio potrebbe essere diventato un cortile a partire dall’idea di un terreno incolto vicino alla casa, di un resede. Quei termini provenzali potrebbero in effetti essere dei derivati alla lunga del patère che dicevamo prima, ma potrebbero anche essere derivati di pactum, cioè ‘accordo’ (riguardo a un certo uso condiviso originario del terreno).

Davvero una parola che, strisciando lontano dagli aggiornamenti dei dizionari, abita la nostra immaginazione in maniera sfuggente e incisiva insieme.

Parola pubblicata il 04 Aprile 2024