Persuadere
per-sua-dé-re (io per-suà-do)
Significato Indurre qualcuno in una convinzione o a compiere certe azioni; ottenere un consenso
Etimologia voce dotta recuperata dal latino persuadere, derivato di suadere ‘consigliare, convincere’ col prefisso intensivo per-.
- «Con quest'argomentazione mi ha persuaso.»
Parola pubblicata il 12 Novembre 2024
È un verbo d’importanza capitale, ma iniziamo da qui: persuadére. Non persuàdere. Ci sono ragioni storiche ed etimologiche che determinano questo accento — lo troviamo così in latino, con la penultima ‘e’ lunga e perciò accentata, ma possiamo anche considerare qualcosa di più più sottile ed estetico, che magari ci aiuta a interiorizzare questo fatto oltre la mera nozione. L’azione del persuadére non ha la fretta di una sdrucciola: è un’azione paziente e morbida, oltre che ferma — e possiamo farcela suonare, sentirla così: persuadeere.
Il persuadere è dolce. Letteralmente è soave, derivando dalla medesima radice del suavis latino. Già il suadére è un convincere, un ammaliare — pensiamo, anche in italiano, al potere della voce suadente che lusinga e ci rivolge una richiesta irresistibile. Il prefisso per- ha un profilo rafforzativo, è un ‘molto’ che scaturisce dal per nel senso di ‘attraverso’: così il persuadere è un ‘convincere’ particolarmente intenso — ma ci stiamo già scontrando coi suoi sinonimi.
Il convincere, con grande evidenza, è ricavato dal vincere. Incalza, e ha come risultato una prevalenza — e anche se è imperniato su argomenti e ragionamenti, è piuttosto patente, piuttosto scoperto nelle sue intenzioni, e in un certo qual modo più rumoroso. L’indurre, con non senza una preparazione, genera un movimento in una certa direzione, dispone, invita o trascina, conduce. L’esortare e l’incitare sono energici, intendono incoraggiare e accendere gli animi a certe azioni, mentre l’istigare spinge al riprovevole.
Il persuadere non ha queste connotazioni. La persona saggia con cui parliamo ci può persuadere a fare un’azione determinante che stavamo evitando, così come la pubblicità può persuaderci a fare acquisti secondo bisogni che non abbiamo — la persuasione non ha in sé tratti positivi o negativi.
Ma soprattutto, il persuadere ha una certa sprezzatura, è più velato: non si mostra troppo intento a una vittoria dialettica, non trascina, non tira — anzi sembra che voglia conciliare, lusingare. Porta a considerare, a credere, a dire o a fare con la soavità, ottiene un assenso senza esercitare una forza aspra, ma con una ragionevolezza che non prende contropelo. Una parte importante della retorica sottile abita qui — arte della persuasione. Tant’è che il persuadere è anche ispirare approvazione e fiducia.
Posso parlare di come le parole di qualcuno mi abbiano persuaso della sua sincerità, posso parlare di come tu mi abbia persuaso che fra le tante che avevo davanti una sola fosse la scelta giusta, posso parlare di come l’amica venditrice riesca a persuadere all’acquisto in maniera strabiliante. E posso parlare di come lo zio non sia detto tanto persuaso dal vino servito al ristorante.
È una parola forte per il suo tepore, per il suo essere morbida, di passo leggero, raffinata, e anche tremendamente di polso, estremamente esperta, di grande impatto nella rappresentazione dei modi più o meno sottili che abbiamo per influenzarci.