Poliedro

Parole della scienza classica

po-li-è-dro

Significato Figura geometrica solida delimitata da facce poligonali piane

Etimologia composto moderno con gli elementi greci hedra ‘faccia’, ma propriamente ‘sedile’ e di poly- ‘molto’, modellato su ‘poligono’ a partire dalla voce antica polýedros ‘dai molti sedili’.

  • «Il cubo è un poliedro a sei facce.»

Siamo costantemente circondati da poliedri, e addirittura ci viviamo dentro: a parte rare costruzioni dotate di muri o tetti curvi, tutte le case e palazzi sono a forma di poliedro – accozzaglie di muri e spioventi, tutti rigorosamente piani, a chiudere i nostri spazi abitativi. E sì, quelle famose costruzioni per cui è famoso l’Egitto sono proprio dei poliedri, in particolare piramidi a base quadrata!

Spesso mangiamo e beviamo cibi provenienti da poliedri, tipicamente parallelepipedi fatti di sei facce quadrangolari, come i ben noti contenitori Tetra Pak. Tuttavia il termine ‘Tetra’ all’inizio del nome sembrerebbe essere un riferimento al numero quattro! Come sta la faccenda? Presto detto: il primo contenitore prodotto da questa azienda fu quello per il latte, a forma di tetraedro (una piramide a base triangolare, quindi caratterizzata proprio di quattro facce), che ha frequentato le nostre case almeno fino agli anni ‘60 del secolo scorso, anche se presentava il non trascurabile problema per cui, data la sua forma un po’ bislacca, non ci stava nello sportello del frigorifero.

Peraltro ricordiamo che questo concetto di ‘solido sfaccettato’ apre anche alle possibilità figurate del poliedrico, che è proprio chi o ciò che metaforicamente ha molteplici facce, e quindi si dedica a molteplici attività, o mostra molteplici interessi, inclinazioni. È un genere di ‘multiforme’ che però a ben vedere indica e valorizza una forma unica complessa, senza essere didascalico come lo ‘sfaccettato’ stesso.

Ora, esistono moltissime categorie di poliedri, spaziando da quelli totalmente privi di simmetria a quelli regolari, convessi e costituiti da facce tutte uguali a forma di poligono regolare. Esistono solo cinque poliedri con queste caratteristiche: tetraedro, ottaedro ed icosaedro, costituiti rispettivamente da quattro, otto e venti triangoli equilateri; l’esaedro o cubo, costituito da sei quadrati; ed il dodecaedro, da dodici pentagoni regolari.

I poliedri regolari sono tutti perfettamente descritti negli Elementi di Euclide, ma erano noti da prima, infatti vengono chiamati anche Solidi Platonici. E cosa c’entra Platone?

Uno dei suoi dialoghi più famosi è il Timeo, in cui, oltre a creare il mito di Atlantide, si occupa di alcune… bazzecole, come Creazione, Cosmologia e Materia! Alcuni degli argomenti vengono trattati in modo sublime, e richiederebbero ben altri spazi: qui ci limiteremo a parlare dell’uso che Platone fa proprio dei poliedri regolari, grazie ai quali semplicemente dà corpo a tutta la materia che ci circonda.

La filosofia antica prevedeva l’esistenza di quattro elementi naturali: fuoco, aria, acqua e terra. Ebbene per Platone si tratta di sostanze costituite da particelle rispettivamente a forma di tetraedro, ottaedro, icosaedro e cubo: al fuoco dà la forma di tetraedro, il solido più pungente di tutti, mentre alla terra il cubo, il più solido, quello che può riempire un dato volume senza lasciare interstizi.

Gli avanza il dodecaedro: cosa farne? Facciamolo dire a Platone stesso: «Della quinta combinazione che ancora rimaneva, il dio si è servito per abbellire il disegno dell’universo».

Possedendo il dodecaedro dodici facce, è abbastanza naturale associarlo alle dodici costellazioni dello zodiaco; quindi il dodecaedro, per Platone, rappresenta niente meno che la quintessenza, la sostanza di cui sarebbero fatti tutti i corpi celesti!

Sempre dal Timeo proviene un’altra perla: la trasmutazione degli elementi. Secondo questa teoria, le otto facce complessive di due particelle di fuoco possono ricombinarsi a formarne una di aria, e viceversa; e cinque particelle di aria possono ricombinarsi in due di acqua! Non è magico tutto questo?

La magia di cui sono circonfusi i poliedri regolari non si esaurisce con Platone, ma attraversa i secoli fino ad arrivare a Keplero (Johannes Kepler) il quale, prima di rivoluzionare il Sistema Solare con la scoperta delle sue leggi dei moti planetari, si fece tentare da visioni misticheggianti, come peraltro era ancora in uso alla sua epoca. Nel suo primo libro, il Mysterium Cosmographicum (I segreti dell’universo) pubblicato nel 1596, descrive una notevole coincidenza, per cui i rapporti fra le grandezze delle orbite dei Pianeti del Sistema Solare sono simili a certi rapporti che riguardano i poliedri regolari.

Prendiamo in esame un cubo: ad esso possiamo circoscrivere una sfera, che toccherà i suoi vertici, ed inscriverne una seconda, che sarà tangente alle sue facce. Evidentemente c’è un rapporto fisso fra i diametri delle due sfere; e per l’appunto questo rapporto assomiglia molto a quello esistente fra i diametri delle orbite dei pianeti Saturno e Giove: Keplero immagina dunque che le orbite di questi pianeti si sviluppino lungo sfere (secondo un’idea che risale addirittura ai tempi di Pitagora) i cui diametri hanno lo stesso rapporto – quasi come se ci fosse effettivamente un cubo a tenere separate le due sfere!

Il bello è che anche i rapporti fra le grandezze delle altre coppie di pianeti sono replicabili interponendo opportuni poliedri fra le loro sfere: è una coincidenza davvero clamorosa, che non poteva non dar da pensare a chi credeva che la Creazione fosse stata dettata da regole che non potevano essere meno che perfette. E cosa c’è di più perfetto delle sfere, e dei solidi regolari?

Ecco dunque che Keplero, nel suo libro, esibisce il disegno di un Sistema Solare in cui alle sfere dei sei pianeti (compresa la Terra) interpone i cinque poliedri regolari: davvero il massimo del fascino!

Parola pubblicata il 17 Novembre 2023

Parole della scienza classica - con Aldo Cavini Benedetti

La lingua è costellata di termini che parlano della scienza antica e classica, e dei suoi protagonisti. Con Aldo Cavini Benedetti, un venerdì su due recupereremo la loro splendida complessità.