Revanscismo
re-van-scì-smo
Significato Atteggiamento politico di rivincita contro altri Stati, specie dopo una sconfitta militare; rilancio, spirito di riscatto nazionalistico; ripresa di posizioni superate, recedute, sconfitte
Etimologia dal francese revanchisme, da revanche ‘riscossa’, derivato di revancher, che col prefisso re- è da vencher ‘vendicare’, dal latino vindicare.
- «È un discorso improntato al revanscismo, non si sa contro che cosa.»
Parola pubblicata il 08 Giugno 2023
Il fatto che una certa parola derivi da una lingua piuttosto che da un’altra contribuisce già a darle un tono particolare — ce la colloca immediatamente in un certo ambito. Le provenienze dei termini non sono mai casuali.
La Francia non è un Paese in cui la politica sia tiepida — lo leggiamo sui libri di storia e sui giornali. E non sono poco importanti le parole esplosive della politica che mutuiamo dal francese: dall’antagonismo alla barricata, dalla fronda al linciaggio, dal radicalismo alla rivoluzione stessa, passando per lo sciovinismo e finendo col revanscismo, abbiamo una carrellata di termini che o sono nati o hanno acquisito il loro peculiare senso politico in francese.
Il revanscismo in particolare è un atteggiamento politico di rivalsa, di rivincita, di rilancio nazionalista. È facile indicare come derivi dalla voce francese revanchisme, derivata di revanche ‘riscossa’, ma c’è da notare un dato curioso: lo stesso termine revanche è attestato in italiano una cinquantina d’anni prima di ‘revanscismo’ (a inizio Novecento), e con un significato inequivocabile, molto messo a fuoco. Per revanche s’intende lo spirito di rivincita di uno Stato su di un altro, in originale riferimento alla frustrazione francese dopo la sconfitta nella terribile guerra franco-prussiana del 1870-71.
Una frustrazione intensa, e in verità piuttosto comune, nella politica europea di fine Ottocento-inizio Novecento: insomma, non ci stupisce che il termine ‘revanscismo’ sia emerso in un contesto in cui era un modello di atteggiamento politico corrente, e il suo primo riferimento storico e politico era notorio e relativamente fresco.
Per quanto nella storia successiva non siano mancati motivi di attrito fra Stati rappresentabili come revanscismo, oggi è un termine che vive una vita curiosa: da un lato si trova ancora normalmente sui giornali per indicare una varietà di atteggiamenti politici, dall’altro ha perso molto smalto: l’integrazione europea ha smussato le baionette più animose, e i revanscismi si sono fatti inevitabilmente più lontani nello spazio e nel tempo.
Senza guerre perse che facciano crescere rancori, il revanscismo diventa una rivalsa d’altro genere; diventa un più generico rilancio nazionalistico, con uno spirito di riscatto che non indirizza necessariamente verso l’estero un astio netto, un conto da pagare. Si può parlare del revanscismo delle parole del sindaco durante la commemorazione, del revanscismo con cui si promuove un prodotto locale, del revanscismo di una parte politica che ama rappresentarsi come vittima.
Ma può anche lasciare la politica per farsi ripresa di posizioni o pratiche sconfitte, o che hanno dovuto recedere: possiamo parlare del revanscismo con cui si sceglie il vinile, del revanscismo di chi usa un dialetto o una lingua locale, e del revanscismo con cui si indossano i mutandoni di lana anche in primavera.
Una parola intensa e profonda, che sa trovare la sua versatilità.