Saltare

Leopardi spiega parole

sal-tà-re (io sàl-to)

Significato Staccarsi dal suolo con slancio, rimanendo per qualche istante sospesi in aria con entrambi i piedi (o tutte le zampe) sollevati; spostarsi con balzo in avanti o in altre direzioni; oltrepassare qualcosa per mezzo di un salto; improvviso staccarsi di qualcosa; in senso figurato, omettere, tralasciare

Etimologia dal verbo latino saltare ‘danzare’, formatosi come continuativo di salire ‘saltare, balzare’.

  • «In questo gioco si può saltare su un piede solo.»

Potremmo dire che il gatto dei vicini è saltato di nuovo sulla nostra aiuola, e così che il campione olimpico è riuscito a saltare in alto fino a 2 metri e 39; però anche che quel palazzo pericolante è stato finalmente fatto saltare, alla presenza del sindaco e della cittadinanza tutta. Se sentissimo poi lamentare “oh no, mi è saltato un bottone!” non immagineremmo certo l’improvviso animarsi del dischetto bucherellato che tiene unite le due falde del cappotto. Così, nessuno si stupirebbe sentendo due attori che nel ripassare il copione di uno spettacolo si sono accorti di aver saltato una battuta.

Letteralmente, l’atto di saltare indica lo staccarsi del corpo dal suolo, con entrambi i piedi (o le zampe!), rimanendo per qualche velocissimo istante sospeso in aria.
Un’azione rapida e dinamica che deve aver dato la spinta a questo verbo per estendersi duttilmente nelle altre accezioni e nei vari significati figurati che esso esprime. Ad accomunarli tutti sembra esserci l’idea fondamentale di uno stacco, dell’interruzione di una continuità, di qualcosa di rapido e improvviso.

Anche pensando alle polirematiche, abbiamo l’esempio del “saltare in mente”, che esprime un improvviso e inaspettato insorgere di un’idea, perlopiù considerata fuori luogo o strana (“ma che ti salta in mente?!”). Oppure il “saltare fuori” di qualcuno o qualcosa, cioè il suo palesarsi improvviso e inatteso, e così quel “saltare agli occhi” con cui si allude a qualcosa che si manifesta alla vista con immediata evidenza:

I miei poveri versi
sono brandelli di carne
nera disfatta chiusa,
e saltano agli occhi impetuosi

Alda Merini, I miei poveri versi


Saltare è uno di quei verbi che Leopardi analizza, nel suo Zibaldone, tra i cosiddetti “continuativi”: derivati da un altro verbo, nella lingua latina essi andavano a significare il reiterarsi dell’azione espressa da quest’ultimo. Così dal verbo latino salire, che significava ‘balzare, fare dei salti’, si era poi generato il continuativo saltare, con il significato specifico di ‘danzare, ballare’:

Da saltus, antico participio di salire (o dal supino saltum ch’è tutt’uno), viene saltare. E qui la forza (dirò così) continuativa di questa formazione di verbi, è manifestissima. Perché salire propriamente vale saltum edere [cioè ‘fare un salto’], e saltare vale ballare, ch’è una continuazione del salire, una serie di salti.

L’accezione latina ‘danzare’ nasceva quindi dall’idea di ballo come serie ritmata e dinamica di salti: immagine che, se non coincide con quella odierna che si ha del ballare, riflette invece molto bene lo spirito tipico delle danze antiche, nel vivo cuore del folklore. Basti pensare alle nostre pizzica, tarantella e tammurriata, ma anche al sirtaki greco, al flamenco andaluso, alle danze popolari balcaniche e a quelle della tradizione gitana, e ancora alla trojka e alle altre danze del folklore russo. Nella tradizione dell’Italia centrale, abbiamo persino un ballo dal nome di saltarello, caratterizzato appunto da un passo saltato sul tipico tempo in sei ottavi.

Il saltarello romano, di Bartolomeo Pinelli (1815)


Tuttavia, nota Leopardi, spesso nel viaggio sino all’ italiano (e alle altre lingue romanze) il significato originario di questi verbi continuativi si è venuto a perdere. Il caso di saltare ne è un esempio piuttosto arzigogolato: esso è andato ad assumere quello che era il significato del verbo da cui si era formato, cioè salire, il quale a sua volta ha cambiato il suo significato latino originario, diventando il nostro odierno “muoversi verso l’alto”.

Senza dubbio un verbo dinamico, nato dalla musica e dall’allegria (non a caso si “salta dalla gioia”), e segnato da un destino caleidoscopico che, dalle sue origini “a matrioska” fino a oggi, lo ha visto saltare da un significato all’altro, in una curiosa e continua danza tra immagini, idee e sfumature sempre nuove.

Parola pubblicata il 25 Luglio 2022

Leopardi spiega parole - con Andrea Maltoni

Giacomo Leopardi, oltre ad essere un grande poeta, ha osservato e commentato esplicitamente molte parole della nostra lingua. Andrea Maltoni, dottoressa in filologia, in questo ciclo ci racconterà parole facendolo intervenire.