Scapestrato
sca-pe-strà-to
Significato Che conduce una vita disordinata, sregolata, sfrenata, imprudente
Etimologia propriamente, participio passato di scapestrare, derivato di capestro ‘cappio’, dal latino capistrum ‘cappio, cavezza’.
- «Fa arrampicata libera e la sera va a ballare, studia solo quando ha voglia, è una scapestrata.»
Parola pubblicata il 17 Giugno 2022
Eccola qua, una persona senza freni, senza ordine. Criterio? Poco. Prudenza? Figuriamoci. Probabilmente è anche spettinata. E la ruvidità rotta del suono della parola non fa che colorire ulteriormente il concetto. Ma da dove salta fuori? Per capirlo dobbiamo prendere una corda e farci un nodo.
Il capestro, con la conferma dei dizionari, è innanzitutto la corda annodata per l’impiccagione. Significato non dei più ameni — che dà luogo a significati figurati altrettanto lepidi come ‘gente da capestro’ per indicare chi indulge in una vita di delinquenza. Ma il capestro non è solo questo: ha anche un significato vitale, lavorativo, per quanto risulti sempre stringente. Infatti è anche la cavezza, la corda con cui si lega il collo delle bestie.
In questo caso ‘mettere al capestro’ non significa giustiziare, ma sottomettere, aggiogare, piegare. Ed è questo capestro che lo scapestrato fugge. Non è chi abbia svicolato fortunosamente il cappio del boia, ma chi s’è tolto la cavezza — che in un’aporia della nostra cultura da un lato asservisce, dall’altro nobilita, da un lato è segno di uno sfruttamento bestiale ma dall’altro toglierlo è da gente scriteriata, sfrenata.
È così che lo scapestrato acquista il suo tratto di disordine. Addirittura, un tempo era un attributo buono anche per gruppi, centri e organizzazioni in tumulto — si poteva parlare di contrade, di città scapestrate. Oggi è un attributo più personale, e come abbiamo potuto annusare mostra una certa complessità.
Se parlo di quello scapestrato di mio cugino, che pensa solo a fare le gare di moto, se parlo del modo in cui una ragazza scapestrata è diventata sindaca del paese, o dello storico gruppo scapestrato di cantanti, non mi sto limitando a marcare un loro modo d’essere licenzioso, sregolato, disordinato. Ovviamente tengo fermo il nocciolo tradizionale di quei tratti — dissoluto, incontinente, imprudente —, ma nella scelta dell’attributo dello scapestrato ci può essere di più, è una scelta che può rivelare una considerazione più sfaccettata. Perché nello scapestrato c’è ingenuità, sì, e c’è salute, energia, libertà — giudicata perfino con una vaga marezzatura d’invidia o nostalgia. Il cugino, la ragazza, il gruppo di cantanti, hanno una vitalità alata, per quanto scomposta.
È una parola che riesce a darci un taglio di mondo tridimensionale, senza ridurlo, senza sopprimerne l’ambiguità, accogliendo il modo sottile in cui si contraddice. Proprio una parola ricca.