Strizzacervelli

striz-za-cer-vèl-li

Significato Psicanalista, psicologo, con sfumatura spregiativa

Etimologia composto da strizzare e cervello, modellato sull’inglese head-shrinker ‘rimpicciolitore di teste’.

  • «Dannazione, puoi scommetterci che gli strizzacervelli lo giustificheranno.»

Esistono parole congegnate in maniera dubbia, e questo è un caso esemplare che ci può portare a fare qualche considerazione simpatica. Ora, per capire il termine ‘strizzacervelli’ ci sarà da viaggiare, ma anche se si parla di psicologia non ci servirà proiettarci nell’eleganza dei salotti viennesi a cavallo fra Otto e Novecento: andiamo nell’Amazzonia occidentale più impervia.

Attenzione: qui vivono da tempi immemorabili popoli indomiti, come gli Shuar e gli Achuar, che non si sono piegati né al grande Inca né al re di Spagna, e che sono bellicosi oltre ogni dire. Hanno armi rudimentali e letali, e praticano rituali che a noi paiono agghiaccianti mentre a loro gioiosi. Sono anche decisamente ingegnosi: in particolare hanno risolto il problema stringente del ritorno funesto degli spiriti dei nemici uccisi, e lo hanno fatto attraverso la pratica del rimpicciolimento delle teste. Fuori i taccuini.

L’idea è semplice: si scuoia con attenzione la testa mozzata del suddetto nemico, fino a ottenere un bel mascherone. Delicatezza per carità o si rovina tutto il lavoro. Questo mascherone poi si cuoce in uno speciale brodo di cortecce — e qui si restringerà in maniera caratteristica. Poi si imbottisce in modo da rendergli la forma di testa, si ricuce perbene e voilà. Una testa ristretta delle dimensioni di un bel pompelmo, prigione dello spirito che si vuole vendicare.

Da pratica inizialmente religiosa, ha peraltro avuto anche i suoi bei risvolti economici: c’è stato un periodo in cui il mercato delle teste rimpicciolite (tsantsa, per gli Shuar) era davvero fiorente, e tutt’oggi i loro surrogati continuano ad essere souvenir apprezzati.

In inglese il termine tecnico antropologico head-shrinker, letteralmente ‘restringitore di teste’, in riferimento a questi cacciatori di teste, è degli anni ‘20. Fu una figura decisamente pop, in quei decenni, che calamitava grandi trasversali interessi — venivano scritti libri, girati film sul tema. È a metà del Novecento che negli Stati Uniti iniziò ad essere usato col significato di ‘psicologo’.
Nacque come uso gergale, inizialmente addirittura percepito come hollywoodiano — forse non era solo hollywoodiano, ma è un dato rilevante. L’idea, non particolarmente nitida vista la sfocatura della metafora, è che chi esercita questa professione in qualche modo cacci e alteri in maniera grottesca la testa della gente: un evidente sintomo della diffidenza verso una professione (diffidenza tutt’altro che superata).

In italiano, alla fine degli anni ‘80, questo termine viene còlto e rimodellato come ‘strizzacervelli’ — sui libri, ma anche e forse soprattutto nel peculiare italiano parallelo del doppiaggese, quella lingua artificiale che esiste solo nei doppiaggi dei film (piena di ‘ehi, amico’, ‘dacci un taglio’, ‘dannazione’, ‘puoi scommetterci’, ‘fottuto’ e via dicendo), che è piena di calchi. Spesso in linguistica il calco funziona così: per impadronirmi di una parola straniera, ne traduco i componenti. Mi piace l’inglese skyscraper? Sky vuol dire ‘cielo’, to scrape vuol dire ‘grattare’, quindi questo palazzone dall’aria newyorkese lo chiamerò grattacielo. Ma la traduzione deve avere un minimo di fedeltà, altrimenti non è un calco. Se prima la metafora di head-shrinker/rimpicciolitore-di-teste era sfocata, con questa trovata dello ‘strizzacervelli’ viene praticamente reinventata di sana pianta: il riferimento ai fieri Shuar svapora, l’immagine si fa completamente diversa, e ancor più dubbia. In che senso ‘strizzano’ il cervello? Ne fanno grondare roba recondita, una spremuta d’inconscio, riduce, rende più piccolo qualcosa? Il tono, comunque, resta simile.

Sui dizionari si trova facilmente annotato che ‘strizzacervelli’ è un termine ‘scherzoso’ — e però anche questo è un sintomo della diffidenza nei confronti della professione. Di leguleio, ciarlatano, cavadenti, scribacchino, imbrattatele e via dicendo — tutti termini che hanno un lato spassoso — si trova annotato che sono spregiativi, perché avvocatura, medicina, odontoiatria, scrittura e pittura sono discipline note, e il popolo crede di saper valutare la capacità professionale in cause, diagnosi, otturazioni, romanzi, quadri.

Invece il termine ‘strizzacervelli’ fa il simpatico. A differenza degli esempi appena fatti, non è un termine che riguarda la qualità della psicoterapia o della psicanalisi — non si dicono strizzacervelli psicologi o psicologhe di scarsa professionalità. Il modo in cui s’immagina il contenuto e la pratica della professione, delineando una figura tanto folkloristica da star bene accanto ai fabbricanti di tsantsa Shuar, conserva lo spregio di uno scetticismo disinteressato.

Parola pubblicata il 26 Gennaio 2023