Biofilia
bio-fi-lì-a
Significato Disposizione d’animo fascinata e sentimentale nei confronti delle altre forme di vita, specie quelle con cui la specie umana ha convissuto nella sua evoluzione
Etimologia voce contemporanea composta dagli elementi di ascendenza greca bio- ‘vita’ e -filia ‘amore’.
Parola pubblicata il 30 Giugno 2022
Alcune parole, anche a prima vista, sanno esercitare un grande fascino, ma può essere difficile individuarne i contorni e saggiarne la consistenza.
Il termine ‘biofilia’ si presenta con una mano di carte formidabile. Unisce due elementi greci, arcinoti e dal pedigree universalmente riconosciuto, in un concetto nuovo e straordinariamente promettente: che cosa ci schiuderà questo amore per la vita? Di certo qualcosa di bello e ispirante — come pare a leggere gli articoli di design, costume e divulgazione scientifica in cui questo termine ricorre.
Il fatto, però, è che si tratta di una parola coniata e ribattuta in momenti diversi con significati diversi: dopotutto gli elementi che la compongono permettono le interpretazioni e le suggestioni più ampie.
In italiano, attestata nell’Ottocento, ha fatto innanzitutto riferimento all’istinto di conservazione — ‘amore per la vita’ va inteso qui come per la sopravvivenza. Erich Fromm, filosofo tedesco, ci riporta, negli anni ‘70, la biofilia con una dimensione psicologica più complessa: nelle idee che articola è l’amore appassionato per la vita e ciò che è vivo, in un desiderio di unione e crescita. Di qui la biofilia inizia a parlare più precisamente di un rapporto mentale e sentimentale che corre dall’umanità verso il resto della natura.
Ma è stato il biologo Edward Wilson a dare il taglio attuale alla biofilia — un taglio magari non netto e finale, posto piuttosto come ipotesi, che guida in una direzione di ricerca. Anche questo fanno le parole: sono strumenti d’esplorazione.
Wilson ha pensato, a più riprese, che si possa indagare con tenore scientifico il fenomeno della disposizione d’animo dell’umano verso gli altri organismi viventi con cui ha trascorso la propria evoluzione biologica e culturale — sia in positivo sia in negativo, biofilia e biofobia. Una disposizione che possiamo facilmente vedere come fondamento di tutta la grammatica di archetipi, simboli e miti d’ogni tempo che contempla forme di vita animali e vegetali. Insomma, è una parola che vuole tracciare il campo in cui sondare la consistenza dell’interesse innato umano nei confronti di tutta l’altra vita.
Se ancora questo campo di ricerca è aperto, come spesso accade la parola che lo individua percola anche nel discorso comune, con suggestioni variegate, molte pertinenti, altre più pretestuose e addomesticate nei quadri di interessi diversi. Di solito, s’imperniano sulla positività del rapporto con la natura, e su come questo possa rispecchiare un’inclinazione innata da cui dipendono i perché di certi interessi e le risposte a certi bisogni.
Si può parlare di un’architettura biofilica (tale sembra essere l’aggettivo invalso) che ripensa gli spazi umani tenendo conto del rapporto col verde e con la vita come misura di benessere; possiamo parlare del negozio di piante che vende quelle da appartamento decantando il modo in cui rispondono all’innata biofilia umana — comprale, servono alla tua indole animale; e si può parlare della biofilia mostrata fin dalla più tenera età, con una dirompente attrazione botanica e zoologica che se coltivata sa dare grandi frutti.
Le parole si definiscono come consuetudini, e alle consuetudini può servire tempo: ‘biofilia’, nella sua accezione che oggi sta prendendo più spazio, è ancora una parola giovane, invitante, e le sue sfocature sono solo le sfocature del sentiero che viene battuto.