SignificatoAssunzione in cielo sotto forma di astri
Etimologia voce dotta recuperata dal greco katasterismós, da katasterízein ‘collocare fra gli astri’, composto di katá ‘su’ e astér ‘astro’.
È un fatto che assumiamo già con i primi miti: molto spesso queste storie suggestive e tragiche si concludono con qualcuno o qualcosa che viene posto fra le stelle — ed è ancora visibile come costellazione del questo o quello. Questo fenomeno del mito, che poi passa anche nella megalomane celebrazione di sovrani e imperatori, si chiama catasterismo, proprio un ‘mettere fra gli astri’ (che tenero e incisivo, alla lettera, ‘astro su’).
Certo che però è strano. È un fatto completamente fuori dalla nostra immaginazione — non solo perché l’incanto verso le stelle è mutato in maniera troppo radicale per poter continuare certe fantasie, ma anche narrativamente è una bizzarria. Abbiamo dei miti storici in cui cose o persone vengono assunte in cielo in una sorta di trionfo supremo — pensiamo al catasterismo della Chioma di Berenice, che è (narra Igino) letteralmente la chioma di Berenice II d’Egitto, offerta in sacrificio per il ritorno di Tolomeo III da una guerra. Ma spesso c’è poco di trionfale nel catasterismo, e non sembra ci sia una logica uniforme, univoca, coerente. Questa trasformazione astrale ha una grammatica di moniti e vendette incrociate, di conservazioni, di rivalse, di simbolismi, di risoluzioni, di accostamenti e distanziamenti.
La vanitosa regina Cassiopea è legata a un trono da cui penzola all’ingiù per metà dell’anno; Callisto, mutata in orsa da Era perché Zeus l’aveva violentata (sempre giuste le antiche divinità), viene messa in cielo da Zeus insieme al figlio, anch’esso inorsato, ma per buona misura subiscono da Era la condanna a non aver mai riposo, a non tramontare mai girando intorno al polo. Orione il cacciatore viene posto in cielo quando muore, ucciso dallo scorpione, e vengono messi entrambi in cielo ma lontani — peraltro, data la professione, al cacciatore vengono messi accanto due cani, il Cane maggiore e il Cane minore, che però non erano suoi. In particolare il Maggiore è Lelapo, cane che-non-poteva-essere-seminato che per Anfitrione inseguì una volpe tebana che-non-poteva-essere-raggiunta, e visto il paradosso inammissibile, catasterismo (ma solo per il cane). Idra e Carcino, mostri sconfitti da Eracle, finiscono in cielo, e anche Eracle. Cigno e Aquila sono invece delle mere figure, poste in cielo da Zeus a memoria di un paio di trasformazioni ben riuscite tramite cui… be’, le solite zozzerie. E quando gli Argonauti finiscono la loro avventura, che ne fai della nave Argo? Mica la puoi smontare e mettere in cantina (quale cantina poi?), o usarla per farci le gite fra le isole greche. Catasterismo. Per la lira di Orfeo idem, già lo hanno ammazzato male, evitiamo almeno che lo strumento si sciupi, peraltro prima era di Apollo...
Il cielo dei catasterismi è solo in parte un cielo di onori, esaltazioni, apoteosi. Vi si sono stratificate e contaminate tradizioni che partono dalla magia dei Magi e passano per la Persia, Egitto e via dicendo. Quel cielo è un magazzino di storie spianate nella notte, un arazzo di astri riscritto e ricamato continuamente con racconti da tenere presenti per ordinare il mondo. Non è una Walk of fame. Il risultato è caotico, ma se siamo ancora qui a parlarne significa che funzionava, anche se il catasterismo, così arbitrario, così centrifugo, così ermetico, non è più concepibile. Lo resta come trionfo figurato, anche ironico: magari si può parlare del catasterismo della piccola personalità locale, del catasterismo della persona di cui è stata dimenticata ogni ombra.
Ma resta un meraviglioso vestigio di quando le narrazioni davvero si tenevano a mente con le stelle, e avevano un altro respiro e un’altra ambizione nell’unire tutti i puntini, in un grande disegno, in terra e in cielo.
È un fatto che assumiamo già con i primi miti: molto spesso queste storie suggestive e tragiche si concludono con qualcuno o qualcosa che viene posto fra le stelle — ed è ancora visibile come costellazione del questo o quello. Questo fenomeno del mito, che poi passa anche nella megalomane celebrazione di sovrani e imperatori, si chiama catasterismo, proprio un ‘mettere fra gli astri’ (che tenero e incisivo, alla lettera, ‘astro su’).
Certo che però è strano. È un fatto completamente fuori dalla nostra immaginazione — non solo perché l’incanto verso le stelle è mutato in maniera troppo radicale per poter continuare certe fantasie, ma anche narrativamente è una bizzarria. Abbiamo dei miti storici in cui cose o persone vengono assunte in cielo in una sorta di trionfo supremo — pensiamo al catasterismo della Chioma di Berenice, che è (narra Igino) letteralmente la chioma di Berenice II d’Egitto, offerta in sacrificio per il ritorno di Tolomeo III da una guerra. Ma spesso c’è poco di trionfale nel catasterismo, e non sembra ci sia una logica uniforme, univoca, coerente. Questa trasformazione astrale ha una grammatica di moniti e vendette incrociate, di conservazioni, di rivalse, di simbolismi, di risoluzioni, di accostamenti e distanziamenti.
La vanitosa regina Cassiopea è legata a un trono da cui penzola all’ingiù per metà dell’anno; Callisto, mutata in orsa da Era perché Zeus l’aveva violentata (sempre giuste le antiche divinità), viene messa in cielo da Zeus insieme al figlio, anch’esso inorsato, ma per buona misura subiscono da Era la condanna a non aver mai riposo, a non tramontare mai girando intorno al polo. Orione il cacciatore viene posto in cielo quando muore, ucciso dallo scorpione, e vengono messi entrambi in cielo ma lontani — peraltro, data la professione, al cacciatore vengono messi accanto due cani, il Cane maggiore e il Cane minore, che però non erano suoi. In particolare il Maggiore è Lelapo, cane che-non-poteva-essere-seminato che per Anfitrione inseguì una volpe tebana che-non-poteva-essere-raggiunta, e visto il paradosso inammissibile, catasterismo (ma solo per il cane). Idra e Carcino, mostri sconfitti da Eracle, finiscono in cielo, e anche Eracle. Cigno e Aquila sono invece delle mere figure, poste in cielo da Zeus a memoria di un paio di trasformazioni ben riuscite tramite cui… be’, le solite zozzerie. E quando gli Argonauti finiscono la loro avventura, che ne fai della nave Argo? Mica la puoi smontare e mettere in cantina (quale cantina poi?), o usarla per farci le gite fra le isole greche. Catasterismo. Per la lira di Orfeo idem, già lo hanno ammazzato male, evitiamo almeno che lo strumento si sciupi, peraltro prima era di Apollo...
Il cielo dei catasterismi è solo in parte un cielo di onori, esaltazioni, apoteosi. Vi si sono stratificate e contaminate tradizioni che partono dalla magia dei Magi e passano per la Persia, Egitto e via dicendo. Quel cielo è un magazzino di storie spianate nella notte, un arazzo di astri riscritto e ricamato continuamente con racconti da tenere presenti per ordinare il mondo. Non è una Walk of fame. Il risultato è caotico, ma se siamo ancora qui a parlarne significa che funzionava, anche se il catasterismo, così arbitrario, così centrifugo, così ermetico, non è più concepibile. Lo resta come trionfo figurato, anche ironico: magari si può parlare del catasterismo della piccola personalità locale, del catasterismo della persona di cui è stata dimenticata ogni ombra.
Ma resta un meraviglioso vestigio di quando le narrazioni davvero si tenevano a mente con le stelle, e avevano un altro respiro e un’altra ambizione nell’unire tutti i puntini, in un grande disegno, in terra e in cielo.