Eneo
è-ne-o
Significato Bronzeo, di bronzo
Etimologia voce dotta recuperata dal latino aeneus ‘di bronzo’, derivato di aes, ‘bronzo, rame’, da una radice indoeuropea ricostruita come ayes ‘rame, bronzo’.
Parola pubblicata il 18 Maggio 2025
è-ne-o
Significato Bronzeo, di bronzo
Etimologia voce dotta recuperata dal latino aeneus ‘di bronzo’, derivato di aes, ‘bronzo, rame’, da una radice indoeuropea ricostruita come ayes ‘rame, bronzo’.
Parola pubblicata il 18 Maggio 2025
Il primo chiarimento da fare circa questa parola, sdrucciola (l’accento è sulla prima e), è che non ha a che fare col pio Enea. L’eroe virgiliano, fuggito da Troia in fiamme col vecchio padre sulle spalle, il figliolo al seguito e il fantasma della moglie negli occhi, porta un nome di matrice greca e dal significato incerto, collegato forse alla parola aine, cioè lode, facendo Enea il ‘degno di lode’. Ma è tutto fumoso come Ilio avvolta dalle fiamme.
Eneo, che significa bronzeo, è un aggettivo di pedigree latino, attestato in italiano sin dal 1499. Troviamo la sua origine nella parola aeneus, a sua volta da aes, che significava sia bronzo sia rame (quest’ultimo era anche cuprum, ma più raramente). Ora, l’uno è contenuto nell’altro, cioè il rame, che è un elemento naturale, è uno degli ingredienti per fabbricare il bronzo, una lega ottenuta aggiungendo stagno al metallo cupreo. Entrambi preziosissimi, andavano letteralmente a ruba, tantoché abbiamo davvero poche testimonianze della scultura bronzea greca e ci dobbiamo fidare delle copie marmoree di epoca romana. Tutto il resto è stato fuso e rifuso nei secoli e chissà, nel baldacchino del Bernini a San Pietro forse non ci saranno proprio le famose statue del Pantheon, che furono usate per i cannoni di Castel Sant’Angelo, ma di certo ci saranno finite fior d’altre sculture bronzee antiche e purtroppo dimenticate. Come dice l’adagio, Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini...
C’è un’altra cosa interessante da segnalare: il desueto e colto aggettivo eneo è cugino di primo grado di una cosa banalissima e antipaticissima, la ruggine. Questa, venendo dal latino aerugo (verderame, patina del bronzo), condivide l’antenato aes. Curioso, visto che associamo la ruggine principalmente ad un altro metallo, cioè il ferro. Ad ogni modo, e ciò a testimonianza della preziosità sia del rame che del bronzo, in seconda battuta aes significa anche danaro, paga, soldo.
Ora andiamo al dunque: quando usare eneo, una parola senza appigli immediati, la cui etimologia è colta e dà subito un tono distinto al discorso? E come usarla, e perché, visto che c’è già il poderoso e materico ‘bronzeo’ a servirci il significato su di un piatto d’argento (prima della fine della trattazione avremo chiamato in causa mezza tavola periodica…). Ebbene, eneo è un termine letterario e specialistico. L’età enea è l’età del bronzo, i reperti enei sono dei reperti di bronzo, i manufatti enei sono oggetti bronzei. Eneo s’attaglia in maniera precipua alla materia, non indulge poeticamente sulle sfumature o sulla lucentezza come fa bronzeo o cupreo, coi quali possiamo descrivere una pelle baciata dal sole o il colore dei boccolini di nostra figlia.
Enea è la porta nord del battistero di Firenze firmata Ghiberti, enea la medaglia portata gloriosamente a casa dall’atleta originaria del nostro paese, enei gli oggetti alla fiera dell’antiquariato. È una parola pesante, il cui accento sdrucciolo impone un lavoro di diaframma e glottide nel profferirla. È pesante come il bronzo, e forse è un po’ opacizzata dal verderame, ma sotto quella patina che non ce la fa usare subito con prestezza resta preziosa e vale la pena tenerla in faretra per scoccare la sua freccia (con punta di bronzo) quando serve.