Eneo

è-ne-o

Significato Bronzeo, di bronzo

Etimologia voce dotta recuperata dal latino aeneus ‘di bronzo’, derivato di aes, ‘bronzo, rame’, da una radice indoeuropea ricostruita come ayes ‘rame, bronzo’.

  • «Che fascino, il braciere eneo all'ingresso.»

Il primo chiarimento da fare circa questa parola, sdrucciola (l’accento è sulla prima e), è che non ha a che fare col pio Enea. L’eroe virgiliano, fuggito da Troia in fiamme col vecchio padre sulle spalle, il figliolo al seguito e il fantasma della moglie negli occhi, porta un nome di matrice greca e dal significato incerto, collegato forse alla parola aine, cioè lode, facendo Enea il ‘degno di lode’. Ma è tutto fumoso come Ilio avvolta dalle fiamme.

Eneo, che significa bronzeo, è un aggettivo di pedigree latino, attestato in italiano sin dal 1499. Troviamo la sua origine nella parola aeneus, a sua volta da aes, che significava sia bronzo sia rame (quest’ultimo era anche cuprum, ma più raramente). Ora, l’uno è contenuto nell’altro, cioè il rame, che è un elemento naturale, è uno degli ingredienti per fabbricare il bronzo, una lega ottenuta aggiungendo stagno al metallo cupreo. Entrambi preziosissimi, andavano letteralmente a ruba, tantoché abbiamo davvero poche testimonianze della scultura bronzea greca e ci dobbiamo fidare delle copie marmoree di epoca romana. Tutto il resto è stato fuso e rifuso nei secoli e chissà, nel baldacchino del Bernini a San Pietro forse non ci saranno proprio le famose statue del Pantheon, che furono usate per i cannoni di Castel Sant’Angelo, ma di certo ci saranno finite fior d’altre sculture bronzee antiche e purtroppo dimenticate. Come dice l’adagio, Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini...

C’è un’altra cosa interessante da segnalare: il desueto e colto aggettivo eneo è cugino di primo grado di una cosa banalissima e antipaticissima, la ruggine. Questa, venendo dal latino aerugo (verderame, patina del bronzo), condivide l’antenato aes. Curioso, visto che associamo la ruggine principalmente ad un altro metallo, cioè il ferro. Ad ogni modo, e ciò a testimonianza della preziosità sia del rame che del bronzo, in seconda battuta aes significa anche danaro, paga, soldo.

Ora andiamo al dunque: quando usare eneo, una parola senza appigli immediati, la cui etimologia è colta e dà subito un tono distinto al discorso? E come usarla, e perché, visto che c’è già il poderoso e materico ‘bronzeo’ a servirci il significato su di un piatto d’argento (prima della fine della trattazione avremo chiamato in causa mezza tavola periodica…). Ebbene, eneo è un termine letterario e specialistico. L’età enea è l’età del bronzo, i reperti enei sono dei reperti di bronzo, i manufatti enei sono oggetti bronzei. Eneo s’attaglia in maniera precipua alla materia, non indulge poeticamente sulle sfumature o sulla lucentezza come fa bronzeo o cupreo, coi quali possiamo descrivere una pelle baciata dal sole o il colore dei boccolini di nostra figlia.

Enea è la porta nord del battistero di Firenze firmata Ghiberti, enea la medaglia portata gloriosamente a casa dall’atleta originaria del nostro paese, enei gli oggetti alla fiera dell’antiquariato. È una parola pesante, il cui accento sdrucciolo impone un lavoro di diaframma e glottide nel profferirla. È pesante come il bronzo, e forse è un po’ opacizzata dal verderame, ma sotto quella patina che non ce la fa usare subito con prestezza resta preziosa e vale la pena tenerla in faretra per scoccare la sua freccia (con punta di bronzo) quando serve.

Parola pubblicata il 18 Maggio 2025