Lai

lài

Significato Componimento poetico o narrativo, accompagnato da musica e di intonazione mesta, diffuso in Francia fra XII e XIV secolo; lamento

Etimologia dall’antico francese lai, di etimo incerto.

Parola piccola, elegante, di uso tecnico o aulico, e però complessa — anzi confusa. Il risultato di significato è limpido, ma lungo la strada si affastellano forzature e opinioni errate.

Il lai è un genere che possiamo collocare fra Millecento e Milletrecento, molto forte in provenzale e in francese antico; poetico o narrativo, abbraccia temi fantastici e amorosi, e ha generalmente un tono mesto. Naturalmente era accompagnato da musica, secondo uno schema particolare, per cui la struttura delle stanze tende a non ripetersi — e così la musica.

L’origine del suo nome è un rovello. Ci sono diverse ricostruzioni plausibili, e la dottrina è divisa: che abbia un’origine celtica, e che sia quindi imparentato con l’irlandese laid e col gaelico laoidh, che hanno fra l’altro il significato di ‘poesia’? O che sia da ricondurre dall’antico alto tedesco leich ‘canzone, melodia’? C’è anche chi si sbilancia a vedere in lai una derivazione da laicus, ‘laico’, propriamente ‘del popolo, volgare, secolare’ — facendo aggio sulla contrapposizione fra lai, dai temi mondani, e letteratura religiosa.

Ad ogni modo, a dispetto di tutta la sua fortuna, di tutta la gente come noi che ha tremato di emozione a leggerne e a scriverne (fra cui spicca per eccellenza la poeta Maria di Francia — floruit nel XII secolo), questo termine era destinato a rimanere un termine specialistico della storia della letteratura. Magari a quando a quando riattizzato — pensiamo ai lai composti da Tolkien. E questo è il punto in cui avvitare un ‘se non che...’.

Se non che a Dante piacque usare questo nome per indicare un canto mesto. In particolare adatta il nome del genere franco al canto mesto di uccelli — e lo troviamo in due occasioni, nella Commedia.
Nel formidabile V d’Inferno, alla vista delle anime trascinate in volo dalla tempesta, paragonate a gru migranti remiganti in riga: «E come i gru van cantando lor lai, / faccendo in aere di sé lunga riga, / così vid’io venir, traendo guai, / ombre portate da la detta briga»; e nel IX di Purgatorio, in un albore di sogni veridici, ora in cui le rondini forse ricordando i loro primi dolori lanciano le loro grida — subito prima del vero ingresso al Purgatorio del poeta: «Ne l’ora che comincia i tristi lai / la rondinella presso a la mattina, / forse a memoria de’ suo’ primi guai».

C’è un motivo se abbiamo specificato questi versi. ‘Lai’, canto malinconico, viene rimato sempre con ‘guai’. Si crea una certa associazione, tanto che nel ricordare il III dell’Inferno, il «Quivi sospiri, pianti e alti guai / risonavan per l’aere sanza stelle» viene non di rado rammentato come «Quivi sospiri, pianti e alti lai». Il lai — che già come canto malinconico si faceva tipo di lamentazione — si fa così guaito, i lai diventano piani lamenti. E questo finisce per essere l’uso più comune del termine — anche e soprattutto proprio nella citazione sbagliata ‘alti lai’.

Posso parlare degli alti lai che si levano all’annuncio della professoressa di un’anticipazione della verifica, dei lai tratti dopo la partita di calcetto, a cui non si è più abituati, e dei lai sommessi uditi al funerale.
Parolina minuscola, evocativa (anche nel suono, così simile al lamento stesso) e facile da usare, ma letteraria: attecchisce solo nell’altezza autentica e nella schietta ironia.

Parola pubblicata il 28 Giugno 2025