Pecora

pè-co-ra

Significato Mammifero del genere ‘Ovis’, che comprende sette specie di cui la più nota è la pecora domestica

Etimologia dal latino pecora, forma neutra plurale di pecus, bestiame, reinterpretato come femminile singolare e perciò passato a indicare l’animale singolo.

Sono con noi fin dai tempi più remoti e, approfittando della loro trasognata docilità, le abbiamo trascinate nelle imprese più pazzesche. Quando venne lanciata la prima mongolfiera a bordo c’erano un’anatra, un gallo e una pecora, ribattezzata Montauciel (sale-in-cielo). E quando si fecero i primi, fantascientifici tentativi di clonare un essere partendo da una cellula adulta la scelta cadde ancora su una pecora, la mitica Dolly.

Sono animali così fondamentali che, a quanto sembra, neppure androidi e alieni possono vivere senza di loro. Ma gli androidi sognano pecore elettriche? si domandava infatti Philip Dick nel titolo del romanzo da cui è tratto Blade runner. E il Piccolo principe, piombato dal cielo in pieno deserto, chiede anzitutto: “Disegnami una pecora!”

Non stupisce perciò che la nostra lingua vanti diverse eredità pecorine. Siccome in passato essere ricchi significava possedere delle pecore, pecus ha generato sia “pecunia” che “peculio”, da cui anche l’aggettivo “peculiare” (proprio di qualcuno, come un metaforico patrimonio). Quando poi “aggreghiamo”, “segreghiamo” o “disgreghiamo” qualcosa, etimologicamente lo stiamo includendo o escludendo dal gregge. E, com’è noto, chi si distingue in negativo dal proprio gruppo è una “pecora nera”.

A tal proposito lo psicologo Tajfel ha osservato che tutti i gruppi giudicano più severamente i propri membri rispetto agli esterni: una capra può essere nera quanto le pare senza destare scandalo, ma una pecora perbene deve essere bianca, o metterà in questione l’identità stessa del gregge. Questo è, in termini sociologici, l’“effetto pecora nera”.

Va detto che essere “fuori dal gregge” ha i suoi lati positivi, tanto che “egregio” nasce proprio da ex gregis. Per la nostra cultura in particolare è importante che l’individuo si affermi nella sua unicità, distinguendosi dalla massa; perciò le pecore costituiscono spesso un modello negativo, emblema di un conformismo amorfo e un po’ vigliacco.

Al contrario nella tradizione ebraica, per la quale il valore essenziale è la fedeltà a Dio e alla comunità, le pecore hanno di solito significati positivi: mansuetudine, fiducia, appartenenza. Infatti nei Vangeli Cristo è sia l’Agnello di Dio sia il buon pastore che rincorre le pecorelle smarrite.

Meno noto è il fatto che la parola cinese “mei”, bellezza, si compone di due pittogrammi: una persona e una pecora. Ora, qualunque cosa pensiamo delle pecore, è difficile che siano la prima associazione che ci viene in mente quando pensiamo alla bellezza. Ma a quanto pare per i cinesi la vera bellezza coincide con un animo gentile e pacifico.

Del resto anche per noi le pecore, con la loro apparenza di nuvolette, evocano un senso di pace, e forse per questo è diffusa l’idea che contarle serva a conciliare il sonno. L’origine della credenza sta in un racconto del Novellino, in cui un cantastorie è costretto a veglie interminabili per alleviare l’insonnia di Ezzelino da Romano. Così, per ritagliarsi un po’ di riposo, una notte comincia a raccontare la storia di un pastore che traghetta sul fiume le proprie pecore: la prima, la seconda, la terza… A quel punto il cantastorie tace e, quando Ezzelino lo rimbrotta, spiega: “Sire, ora dobbiamo aspettare che passino tutte le pecore!”

D’altra parte una ricerca di Oxford ha dimostrato che chi conta le pecore si addormenta in media dieci minuti dopo rispetto a chi non lo fa. Lo stratagemma quindi sarebbe non solo inutile, ma controproducente. Vai a fidarti delle pecore…

Parola pubblicata il 01 Agosto 2022

Parole bestiali - con Lucia e Andrea Masetti

Un lunedì su due, un viaggio nell'arcipelago dei nomi degli animali, in quello che significano per noi, nel modo in cui abitano la nostra vita e la nostra immaginazione.