SignificatoAristotelico; che si fa passeggiando; vagante
Etimologia voce dotta recuperata dal latino peripateticus, prestito dal greco peripatetikós, derivato di perípatos ‘passeggio’.
Dal significato generale a quello particolare, e di nuovo dal particolare al generale. Questa parola d’aspetto così elegante e dal significato così particolare e versatile segue un doppio binario, che è imperniato su un riferimento culturale alto e celebre (oltre che bellissimo, per chi ama il genere), e inoltre molto eloquente circa alcune dinamiche di conservazione delle parole.
Si trova annotato che innanzitutto ‘peripatetico’ significa ‘aristotelico’, cioè relativo alla dottrina o proprio della dottrina di Aristotele, il maestro di color che sanno, forse il più influente filosofo della storia, vissuto nel IV secolo a.C.. Ma perché? Che vuol dire?
Il fatto disorientante che toglie immediatezza al rapporto di significato è che l’attributo greco peripatetikós deriva da perípatos, che significa ‘passeggio’ — perí significa ‘intorno’ e pátos ‘cammino’. L’aristotelico è quindi ‘da passeggio’? Sì, e lo è per un motivo contingente ma molto significativo.
Aristotele insegnava al Liceo — no, non era professore di scuola secondaria, dapprima era un luogo alle pendici del monte Licabetto, vicino ad Atene, dove si ergeva un santuario di Apollo Licio (il riferimento etimologico di Lýkaios forse è al lupo, lýkos, ma come spesso accade non si sa bene perché). Qui c’era la scuola di Aristotele, che si estendeva in un ambiente particolare, denominato perípatos, propriamente ‘la passeggiata, il percorso’, che era un colonnato coperto (perípatos in origine è un nome comune, ad esempio è anche una via antica che fa il giro intorno alla rocca dell’Acropoli di Atene). Sotto quel perípatos (si tramanda) il maestro passeggiava coi discepoli, e insegnava, e discutevano, camminando.
Questa immagine ha popolato abbastanza scopertamente i sogni seriori di chi, in caterve di generazioni, ha voluto avvicinarsi al sapere, specie filosofico. Insegnare e imparare così...! Passeggiando lentamente fra le colonne in un giardino in Grecia. Tant’è che l’aggettivo ‘peripatetico’ ha conservato in superficie, visibile, non soltanto il riferimento ad Aristotele, ma anche quello al passeggiare. Questo è il punto centrale riguardo alla conservazione del termine, e allo sdoppiamento del termine: è rimasto celebre per via della scuola di Aristotele, ma non ci si è fossilizzato dentro. Ha mantenuto accessibile, battuta, la qualità di chi passeggia.
Così senz’altro possiamo parlare delle considerazioni dei peripatetici in materia di fisica e di etica, o di come la compilazione concilii fede e filosofia peripatetica, ma possiamo anche parlare di una lezione peripatetica di storia dell’arte che si tiene fra i chiostri del monastero, di come ci ritroviamo peripatetici in città quando il nostro cicerone si deve assentare, delle notti peripatetiche di quando arriva l’insonnia. È una parola straordinaria perché non è spensierata come il passeggiante: il camminare è in effetti definitorio dell’azione ma in secondo piano. La preminenza è del pensiero.
Anche per questo appare di cultura pretestuosa il modo in cui si fa nome femminile, ‘peripatetica’, per indicare prostitute di strada (calco dal francese péripatéticienne). Non solo è uno dei tantissimi casi in cui un maschile vive con significati complessi mentre l’omologo femminile ha l’invariabile significato di ‘prostituta’ (adescatore/adescatrice, uomo pubblico/donna pubblica, accompagnatore/accompagnatrice e via dicendo, si trovano elenchi con decine e decine di occorrenze), ma lo fa con un gusto che ha del grottesco: è il rivolgimento paradossale di un riferimento culturale alto, che rivela la sua matrice dotta — un’irrisione da parte del potere. Proprio fuori tempo.
Per fortuna ‘peripatetico’ è un aggettivo in ogni altro caso meraviglioso.
Dal significato generale a quello particolare, e di nuovo dal particolare al generale. Questa parola d’aspetto così elegante e dal significato così particolare e versatile segue un doppio binario, che è imperniato su un riferimento culturale alto e celebre (oltre che bellissimo, per chi ama il genere), e inoltre molto eloquente circa alcune dinamiche di conservazione delle parole.
Si trova annotato che innanzitutto ‘peripatetico’ significa ‘aristotelico’, cioè relativo alla dottrina o proprio della dottrina di Aristotele, il maestro di color che sanno, forse il più influente filosofo della storia, vissuto nel IV secolo a.C.. Ma perché? Che vuol dire?
Il fatto disorientante che toglie immediatezza al rapporto di significato è che l’attributo greco peripatetikós deriva da perípatos, che significa ‘passeggio’ — perí significa ‘intorno’ e pátos ‘cammino’. L’aristotelico è quindi ‘da passeggio’? Sì, e lo è per un motivo contingente ma molto significativo.
Aristotele insegnava al Liceo — no, non era professore di scuola secondaria, dapprima era un luogo alle pendici del monte Licabetto, vicino ad Atene, dove si ergeva un santuario di Apollo Licio (il riferimento etimologico di Lýkaios forse è al lupo, lýkos, ma come spesso accade non si sa bene perché). Qui c’era la scuola di Aristotele, che si estendeva in un ambiente particolare, denominato perípatos, propriamente ‘la passeggiata, il percorso’, che era un colonnato coperto (perípatos in origine è un nome comune, ad esempio è anche una via antica che fa il giro intorno alla rocca dell’Acropoli di Atene). Sotto quel perípatos (si tramanda) il maestro passeggiava coi discepoli, e insegnava, e discutevano, camminando.
Questa immagine ha popolato abbastanza scopertamente i sogni seriori di chi, in caterve di generazioni, ha voluto avvicinarsi al sapere, specie filosofico. Insegnare e imparare così...! Passeggiando lentamente fra le colonne in un giardino in Grecia. Tant’è che l’aggettivo ‘peripatetico’ ha conservato in superficie, visibile, non soltanto il riferimento ad Aristotele, ma anche quello al passeggiare. Questo è il punto centrale riguardo alla conservazione del termine, e allo sdoppiamento del termine: è rimasto celebre per via della scuola di Aristotele, ma non ci si è fossilizzato dentro. Ha mantenuto accessibile, battuta, la qualità di chi passeggia.
Così senz’altro possiamo parlare delle considerazioni dei peripatetici in materia di fisica e di etica, o di come la compilazione concilii fede e filosofia peripatetica, ma possiamo anche parlare di una lezione peripatetica di storia dell’arte che si tiene fra i chiostri del monastero, di come ci ritroviamo peripatetici in città quando il nostro cicerone si deve assentare, delle notti peripatetiche di quando arriva l’insonnia. È una parola straordinaria perché non è spensierata come il passeggiante: il camminare è in effetti definitorio dell’azione ma in secondo piano. La preminenza è del pensiero.
Anche per questo appare di cultura pretestuosa il modo in cui si fa nome femminile, ‘peripatetica’, per indicare prostitute di strada (calco dal francese péripatéticienne). Non solo è uno dei tantissimi casi in cui un maschile vive con significati complessi mentre l’omologo femminile ha l’invariabile significato di ‘prostituta’ (adescatore/adescatrice, uomo pubblico/donna pubblica, accompagnatore/accompagnatrice e via dicendo, si trovano elenchi con decine e decine di occorrenze), ma lo fa con un gusto che ha del grottesco: è il rivolgimento paradossale di un riferimento culturale alto, che rivela la sua matrice dotta — un’irrisione da parte del potere. Proprio fuori tempo.
Per fortuna ‘peripatetico’ è un aggettivo in ogni altro caso meraviglioso.