Ultracrepidario

ul-tra-cre-pi-dà-rio

Significato Chi o ciò che si pronuncia su cose di cui non s’intende

Etimologia attraverso l’inglese ultracrepidarian, dalla locuzione latina Sutor, ne ultra crepidam, ‘Ciabattino, non oltre il sandalo’.

Apelle di Coo è forse il più celebre pittore di cui non si hanno dipinti. Vissuto nella seconda metà del IV secolo a.C. (e campato poco), si è comunque guadagnato fama immortale.
Intorno a lui girano attribuzioni e aneddoti di grande interesse — per esempio Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia, la Treccani della latinità, attribuisce a lui il motto Nulla dies sine linea, sintesi della necessità di un esercizio quotidiano della propria arte, e che nel caso dell’arte di Apelle significava letteralmente «Nessun giorno senza una linea».

Ora, Apelle teneva in gran conto l’opinione popolare riguardo alle sue opere (sempre stando a quel che ci dice Plinio, libro 35, paragrafi 84-85), tant’è che, una volta finite o quasi, usava esporle in una pergola fuori dalla bottega, restando nascosto in modo discreto così da sentire i commenti dei passanti.
Una volta un ciabattino ebbe a criticare la sua rappresentazione di un sandalo — e, Apelle convenne segretamente, a ragione. Così nottetempo corresse l’errore che il ciabattino aveva notato. Questi, vedendo la correzione di Apelle, il giorno dopo ripassando inorgoglì ed ebbe anche a ridire pubblicamente riguardo alla raffigurazione di una gamba. Al che Apelle balzò fuori (col pennello fra i denti, immagino) e ringhiò, nelle parole latine con cui più spesso è resa la battuta, «Sutor, ne ultra crepidam!» cioè ‘Ciabattino, non oltre il sandalo!’ (l’originale sarebbe «ne supra crepidam sutor iudicaret», ‘che il ciabattino non giudichi più su del sandalo’).

Il detto può anche essere citato così com’è in latino per rintuzzare qualcuno che si spinge oltre le proprie competenze. Ma in inglese, a partire dal detto, nell'Ottocento sono state coniate e sono invalse parole come ultracrepidarianism, che indica l’atteggiamento di chi giudica riguardo a cose di cui non s’intende, come il ciabattino dell’apologo. L’ultracrepidario è giusto modellato sull’ultracrepidarian inglese — ennesimo di casi innumerevoli in cui una lingua europea pesca o reinventa una parola dal bacino classico e fa scuola fra le altre lingue del continente.

La figura di chi ciarla senza cognizione, pur pensando di poter affermare con autorevolezza, è onnipresente — non si trova solo nelle bettole, né in habitat olimpici. Ma senz’altro ‘ultracrepidario’ è un attributo che appartiene a un registro aulico. Più che letterario, è proprio di un linguaggio polemico e scherzoso, che da una posizione elevata ma aperta intende sminuire e irridere tentativi di partecipazione presuntuosa e incompetente.
C’è sprezzo, nell’ultracrepidario, ma badiamo, non uno sprezzo semplice: tenendo fermo quello di Apelle, notiamo che è estremamente complesso, frammisto di consapevolezza, di generosità tradita e quindi di rabbia, così come di apertura e di dileggio (la disponibilità di Apelle alla considerazione del giudizio altrui era reale).

Così posso parlare dell'articolo ultracrepidario scritto dal grande stimato esperto su questioni di cui capisce poco, dei consigli ultracrepidari che ci vengono dati spassionatamente dalla professionista a cui ci siamo rivolti per tutt'altro, o delle persone ultracrepidarie che intervengono a commento della lezione, all’incipit ultracrepidario «Non sarò un esperto, ma...».

L’ultracrepidario non è vagamente supponente, e tantomeno saccente (che può anche essere molto esperto); né c'è necessariamente l'atteggiamento (nemmeno a dirlo) sentenzioso dello sputasentenze. In questo panorama l'ultracrepidario, in quanto chi o ciò che si spinge oltre ciò di cui s'intende, ha una vanità e una presunzione molto specifica.

Certo ha ancora l'aura del neologismo, e la sua ricercatezza richiede di spenderla con proprietà; ma il tempo passa in fretta, la parola — sesquipedale e bizzarra — continua a diffondersi e sta iniziando a entrare nei dizionari. Un successo che può contare anche sulla sua simpatica storia, che rispetto a una parola è sempre motivo di interesse, e di complicità fra chi la conosce.

Parola pubblicata il 17 Aprile 2025