Reazionario

re-a-zio-nà-rio

Significato Incline alla reazione; ostile all’innovazione; che auspica il ritorno a metodi autoritari

Etimologia derivato di reazione, sul modello del francese réactionnaire, che a sua volta coniato a partire da révolutionnaire rivoluzionario.

Questo è uno dei casi in cui una parola non semplicissima diventa banale da capire quando calata nel contesto storico d’origine: inizialmente, furono detti ‘reazionari’ coloro che si opponevano alla Rivoluzione francese, sostenendo quindi l’Ancien Régime, e i privilegi dell’aristocrazia.

Il reazionario è colui che si oppone a ogni riforma e a ogni innovazione, sotto ogni profilo - politico, sociale, culturale. Ma non lo fa mica bofonchiando in disparte: si schiera, appoggia reazioni dure, se non violente. Un atteggiamento coronato dall’auspicio del ritorno a strutture sociali e politiche di stampo autoritario. Dalle nostre parti, si può associare a ‘borbonico’.

Quella del reazionario è un’inclinazione tragicamente comune; tragicamente, perché è una vocina che quasi tutti abbiamo in testa: davanti al problema emergente, tutte le volte che ci incendia l’idea di un pugno di ferro che pragmaticamente non risolve nulla, ma che soddisfa il bruto istinto di raddrizzare il mondo a ceffoni, siamo reazionari. È una parola cardinale proprio perché descrive una parte di ogni dialogo esterno e interno - quella che non conosce accettazione, che non cerca di comprendere come è che si possa influenzare il correre della pallina sul piano inclinato, ma che vorrebbe riportarla in cima con un bel cazzotto moralmente retto. Ma va detto che una morale senza intelligenza è una farsa. E il reazionario è tutto pancia.

Spesso il reazionario è accostato al conservatore, ma ne è l’esasperazione. C’è una certa differenza fra il mangiare e il fare un’indigestione.

Parola pubblicata il 10 Luglio 2015