Abiurare

a-biu-rà-re (io a-biù-ro)

Significato Rinnegare solennemente, rinunciare solennemente

Etimologia voce dotta recuperata dal latino abiurare ‘negare con giuramento, ripudiare’ (ma anche ‘negare giurando il falso’), derivato di iurare ‘giurare’ col prefisso ab- che indica allontanamento.

A non poche persone, vedendo questo verbo, verrà in mente il processo a Galileo. E non a caso, perché si conclude con una delle abiure più iconiche della nostra storia, in cui lo scienziato ripudia la falsa opinione che il sole sia al centro e la terra gli giri intorno — ma non dobbiamo ingessare questo verbo in icone, perché è vigoroso e versatile.

Il termine ‘abiurare’ richiama per contrasto il ‘giurare’: capiamo subito di essere catapultati in contesti liturgici, solenni — di solennità autentica o ironica. Si tratta in effetti di un negare o rinnegare giurando, e tale era già in latino. Poteva coinvolgere una fede religiosa, come quando veniva chiesto ai Cristiani di abiurare, ma più spesso si trattava in genere del respingere un dovere o un’obbligazione — ad esempio si poteva abiurare un credito. Curiosamente aveva anche acquisito il significato di spergiurare, e in particolare proprio di negare giurando il falso (forse non accadeva di rado…). Ad ogni modo, tutti significati che ci tratteggiano atti solenni, formali, di giuramento che allontana.

In italiano è stato recuperato come voce dotta nel XVI secolo, quindi piuttosto tardi, e con dei significati che prendono un tono più preciso. Non siamo davanti a una negazione giurata qualunque: questa deve coinvolgere specificamente credenze, convinzioni profonde. Viene recuperato in riferimento a fedi eretiche da ripudiare — e non ci stupiamo, visto che nella seconda metà del Cinquecento siamo nel pieno delle rigidità della Controriforma — ma prende facilmente anche un respiro secolare e quotidiano.

Così possiamo parlare dell’amico che ha abiurato la terza religione, quest’anno, ma anche del fisico che ha abiurato aderendo infine alla teoria che aveva osteggiato; e ancora di come abiuriamo il nostro giudizio su una persona che, adesso capiamo, non avevamo saputo apprezzare, o abiuriamo alla nostra affermazione che Guerra e pace sia noioso (può anche essere intransitivo).

Ma stavolta abbiamo un convitato di pietra — qualcosa che questa parola in sé non dice, e che però ne influenza molto tono e sapore. Cioè se l’atto dell’abiurare sia, di volta in volta, libero. Di fatto è un verbo che oscilla fra la più limpida capacità di cambiare idea e l’abominevole costrizione di pensiero. In ogni caso è una parola poderosa e ricercata, che si fa notare in qualunque frase.

Parola pubblicata il 31 Ottobre 2020