Alimurgia
a-li-mur-gì-a
Significato Alimentazione con piante spontanee che solitamente non si mangiano
Etimologia composto moderno dagli elementi greci álimos ‘che toglie la fame’ e -urgía, che deriva da érgon, ‘lavoro’.
Parola pubblicata il 01 Luglio 2021
Boschi, campagne e montagne custodiscono un tesoro selvatico di foglie, radici, bulbi, bacche, germogli, cortecce che di solito non mangiamo ma che sono commestibili e potremmo mangiare. Tradizionalmente, alla bisogna: in tempi di carestia inattesa vi si può ricorrere.
Questa era l’idea che aveva in mente Giovanni Targioni Tozzetti, medico e naturalista del Settecento, quando iniziò a parlare di ‘alimurgìa’, col significato di alimentazione con piante spontanee, e di trattazione sull’argomento. Lo facevano tutti da tempo, ma era ora di sistematizzare la faccenda: ci sa subito di disciplina operativa (la somiglianza con chirurgia ha una ragione etimologica), e troviamo la sua presentazione nel libro De alimenti urgentia, che la considera come strategia di sopravvivenza. ‘Alimurgìa’ è quindi un po’ una parola macedonia, composta sì impiegando dotti elementi greci (álimos ‘che toglie la fame’ e -urgía, che deriva da érgon, ‘lavoro’) ma adombrando in maniera nemmeno troppo velata un’alimentazione urgente.
Ora, l’alimurgia non investe solo periodi sorprendenti e limitati di carestia — può essere parte integrante e usuale di una dieta che altrimenti non spiccherebbe per ricchezza e varietà. Anzi, è un tratto rilevante di molte tradizioni culinarie locali. E si è conquistata una certa importanza come pratica di salute — poste le proprietà nutritive di questi cibi forastici. Ma c’è di più: in continuità con questi caratteri è diventato un versante di ricerca dell’alta cucina.
Così, anche senza le condizioni estreme per cui Targioni Tozzetti pensava, con la bella fiducia del Settecento, a scientifici ripari d’emergenza, si continuano a raccogliere o si tornano a raccogliere (che bei nomi, poi) ortica, borsa del pastore, borragine, tarassaco, buon enrico, erba di San Pietro, radicchio dell’orso e via dicendo — con un’aura da un lato di antico costume, dall’altro di avanguardia gastronomica. Dopotutto, tutti conoscono la taumaturgia dell’alimurgia, e non c’è quasi persona centenaria, pare, che non abbia roso rose canine e denti di leone per tutta la vita.
C’è anche un termine inglese che va molto per indicare questa pratica: il foraging (sì, parente del foraggio). Ma chi la usa probabilmente non ha compreso le delicate, bizzarre simmetrie di ciò che è in e di ciò che out. Raccogliere erbe amare sarebbe storicamente out e invece diventa in, quindi logicamente il suo nome internazionale in è quindi out, mentre quello del naturalista settecentesco che è out si riscopre in. Semplice, no? Al foraging tasting mi aspetto nient’altro che biada, una cena alimurgica si fa senz’altro pagare di più (anche se mi danno la stessa biada).