Alimurgia

a-li-mur-gì-a

Significato Alimentazione con piante spontanee che solitamente non si mangiano

Etimologia composto moderno dagli elementi greci álimos ‘che toglie la fame’ e -urgía, che deriva da érgon, ‘lavoro’.

Boschi, campagne e montagne custodiscono un tesoro selvatico di foglie, radici, bulbi, bacche, germogli, cortecce che di solito non mangiamo ma che sono commestibili e potremmo mangiare. Tradizionalmente, alla bisogna: in tempi di carestia inattesa vi si può ricorrere.

Questa era l’idea che aveva in mente Giovanni Targioni Tozzetti, medico e naturalista del Settecento, quando iniziò a parlare di ‘alimurgìa’, col significato di alimentazione con piante spontanee, e di trattazione sull’argomento. Lo facevano tutti da tempo, ma era ora di sistematizzare la faccenda: ci sa subito di disciplina operativa (la somiglianza con chirurgia ha una ragione etimologica), e troviamo la sua presentazione nel libro De alimenti urgentia, che la considera come strategia di sopravvivenza. ‘Alimurgìa’ è quindi un po’ una parola macedonia, composta sì impiegando dotti elementi greci (álimos ‘che toglie la fame’ e -urgía, che deriva da érgon, ‘lavoro’) ma adombrando in maniera nemmeno troppo velata un’alimentazione urgente.

Ora, l’alimurgia non investe solo periodi sorprendenti e limitati di carestia — può essere parte integrante e usuale di una dieta che altrimenti non spiccherebbe per ricchezza e varietà. Anzi, è un tratto rilevante di molte tradizioni culinarie locali. E si è conquistata una certa importanza come pratica di salute — poste le proprietà nutritive di questi cibi forastici. Ma c’è di più: in continuità con questi caratteri è diventato un versante di ricerca dell’alta cucina.

Così, anche senza le condizioni estreme per cui Targioni Tozzetti pensava, con la bella fiducia del Settecento, a scientifici ripari d’emergenza, si continuano a raccogliere o si tornano a raccogliere (che bei nomi, poi) ortica, borsa del pastore, borragine, tarassaco, buon enrico, erba di San Pietro, radicchio dell’orso e via dicendo — con un’aura da un lato di antico costume, dall’altro di avanguardia gastronomica. Dopotutto, tutti conoscono la taumaturgia dell’alimurgia, e non c’è quasi persona centenaria, pare, che non abbia roso rose canine e denti di leone per tutta la vita.

C’è anche un termine inglese che va molto per indicare questa pratica: il foraging (sì, parente del foraggio). Ma chi la usa probabilmente non ha compreso le delicate, bizzarre simmetrie di ciò che è in e di ciò che out. Raccogliere erbe amare sarebbe storicamente out e invece diventa in, quindi logicamente il suo nome internazionale in è quindi out, mentre quello del naturalista settecentesco che è out si riscopre in. Semplice, no? Al foraging tasting mi aspetto nient’altro che biada, una cena alimurgica si fa senz’altro pagare di più (anche se mi danno la stessa biada).

Parola pubblicata il 01 Luglio 2021